La selfmania, un’operazione di marketing

Secondo una recente ricerca, commissionata dalla BBC inglese all’istituto di ricerche sul web ComRes, gli adolescenti ritengono che per arrivare alla realizzazione del “selfie perfetto” ci vogliano circa sei scatti di prova e una serie di ponderati (e possibilmente condivisi con l’amico del cuore) ritocchi in “post produzione”. Insomma, il “selfie perfetto” diventa una sorta di piccola operazione di marketing. Il selfie è importante, dicono i ragazzi. Diventa l’immagine profilo di whatsapp, la copertina di facebook, una posa di instagram. Bisogna dedicarvi attenzione: il selfie è ciò che essi sono, ma soprattutto quello che vorrebbero essere. È il biglietto di ingresso nella esigente società dei simili e dei coetanei. Non è un caso che negli ultimi anni siano proliferate le app di fotoritocco (che detto fra noi trasformano in maniera inquietante e plasticosa i ritratti, ma contenti loro…) e addirittura programmini, come snapchat, che trasformano gli esseri umani in elfi o strani ibridi con orecchie da cane, occhi improbabili e nasi felini.

Del romanzo di Oscar Wilde, scritto alla fine dell’Ottocento, come non ricordare il passaggio profetico in cui il giovane e bellissimo Dorian si rammarica guardando il suo ritratto: “Com’è tragico! Io diventerò vecchio, brutto, ripugnante. E questa immagine rimarrà sempre giovane. Giovane quale io sono in questa giornata di giugno. Oh, se si potesse realizzare il contrario! Se io dovessi rimanere sempre giovane, e il ritratto diventasse vecchio! Per questo, per questo, darei qualunque cosa! Darei la cosa più preziosa del mondo! Darei anche la mia anima per questo!”.

In effetti, la cristallizzazione della propria immagine scatena un duplice e opposto sentimento: il senso di compiacimento e l’ansia della precarietà e dell’effimero.

Dunque, quando il selfie è bell’è pronto, passato al vaglio dei filtri e dei bisturi virtuali, resta solo il battesimo del fuoco: la pubblicazione. Piacerà? Non piacerà? Quanti like farà? Quanti fingeranno di non averlo visto, ma ne parleranno (oh… se ne parleranno!)… E il ragazzo/la ragazza che mi piace, lo noterà?

Quanto può essere stressante la vita di un adolescente, se la gestione dell’immagine diventa una specie di “lavoro”? Quante volte è vittima/carnefice di questa ricerca di un posto nell’umano esistere. Quante compulsioni genera questa insicurezza sociale e quanto sposta la preziosa attenzione dai contenuti veri.

La selfiemania non è un fenomeno soltanto adolescenziale, ma questo lo sappiamo già…. Uno scatto in cerca di “eternità virtuale”, una “certificazione” di autentica esistenza che solo un certo numero di like può garantire.

Mi selfo, ergo “sono”.

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