L’economia virtuale

e i lavoratori

Anche nel mondo del lavoro si riversa il flusso di un dibattito che per parecchio tempo ha popolato le nuove pratiche di relazione e comunicazione. L’avvento delle piattaforme e dei social non cambia soltanto il modo con cui intratteniamo rapporti, condividiamo idee e ricerchiamo spazi di confronto, ma sta modificando anche i processi produttivi e con essi le abitudini del lavoro.Ormai anche una delle tracce della prima prova dell’esame di maturità affrontava il tema. Negli Stati Uniti, come osserva Louis Hyman della Cornell University, il 94% dei nuovi lavori che negli ultimi 10 anni compaiono sulla rete web non hanno le caratteristiche del tempo pieno, né della permanenza. Come spiega il professore di storia dell’economia, nell’era digitale la maggioranza delle aziende “virtuali”, che offrono lavoro, appartengono all Gig economy. Forniscono piattaforme dove persone offrono prodotti da loro confezionati o servizi da loro organizzati e somministrati e dove altre persone cercano la soddisfazione di alcuni loro bisogni. Un mercato online a dimensione planetaria. I nomi di queste multinazionali li conosciamo: Amazon, Uber, Foodora…

Le innovazioni tecnologiche cambiano il modo di lavorare, lo hanno sempre fatto. E non è questo il punto centrale. Non sono gli strumenti ad essere buoni o cattivi, è il modo con cui questi si applicano a dover essere valutato. Allora è importante iniziare ad affrontare il problema delle condizioni con cui questi lavori vengono eseguiti, va preparato un sistema di tutele e di protezione per i lavoratori che in un vuoto rischiano di rimanere schiacciati e imprigionati dagli algoritmi che governano le scelte delle piattaforme digitali. Per questo è essenziale la ricerca di nuove vie e nuovi modi di rappresentanza dei lavoratori, perché essi non siano abbandonati a loro stessi.

In un periodo di così impegnativo, dove si aprono nuove frontiere, diventano ancora più significative le frasi che Papa Francesco ha pronunciato durante l’incontro con i delegati della Cisl durante l’udienza concessa in occasione del loro XVIII Congresso nazionale. Le associazioni sindacali hanno bisogno di ritrovare se stesse e, per continuare a svolgere il loro compito nella società, occorre che raccolgano le sfide della profezia e dell’innovazione. Dice il Papa che «il sindacato nasce e rinasce tutte le volte che, come i profeti biblici, dà voce a chi non ce l’ha, denuncia il povero “venduto per un paio di sandali”, smaschera i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa dello straniero, degli ultimi, degli “scarti”». E subito dopo Francesco aggiunge che risponde alla sfida dell’innovazione quando è capace di guardare oltre le mura della città del lavoro, quando guarda le periferie esistenziali a partire dai giovani, dalle donne, dai migranti.

Anche se i processi produttivi si coordinano nelle piazze digitali non si può dimenticare che le persone che vi lavorano sono in carne ed ossa; il valore del loro lavoro e la loro dignità andranno sempre e comunque tutelati.

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