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Mercoledì 24 Agosto 2011
Nadia, da 7 anni un lavoro da badante
È arrivata in Italia dalla Russia, dove ha lasciato il proprio bambino
Non bisogna chiederlo, a Nadia, se si trovi bene in Italia: basta sentirla parlare, vederla sorridere e “leggere” la gioia nei suoi occhi. Il nostro Paese ha rappresentato per questa donna dall’accento forte e i modi dolci la risposta concreta a un grande problema: trovare il denaro per prendersi cura del proprio figlio.Fino a poco tempo fa Nadia era sola, con un bambino di due anni da crescere e uno stipendio da operaia russa: ossia, era una donna senza speranza. Almeno finché la possibilità di lasciare tutto e ricominciare daccapo non è diventata una realtà. Oggi, dopo sette anni, la protagonista delle nostre storie di immigrati può contare su un lavoro che ama e che le garantisce un tetto sulla testa, qualche risparmio per realizzare i propri sogni e la tranquillità di poter far fronte alle esigenze del figlio. Resta aperta la “questione futuro”, ma per pensarci c’è tempo.
Ciao Nadia, cosa ne dici di raccontarci la tua storia?
«Che bello, mi farebbe piacere. Posso darti del tu?».
Certo.
«Cosa vuoi sapere?».
Chi sei e cosa fai per vivere, come ti trovi in Italia. Vorrei conoscere un po’ la tua vita, in poche parole.
«Ho trentasei anni, sono russa e mi trovo in Italia ormai da sette anni. Ho un obiettivo preciso: mettere da parte un po’ di soldi per permettere a mio figlio di studiare e di avere una vita decente. Non ho un marito su cui contare, io, quindi per il mio bambino devo fare i salti mortali. Non mi tiro indietro mai: lui è la ragione della mia vita».
Sei stata sposata?
«No, mai. Quando ha scoperto che ero incinta il mio ragazzo non ci ha pensato due volte: si è volatilizzato come il vento. “Bene, cara Nadia – mi sono detta – è ora di rimboccarsi le maniche. Sei una roccia, quindi non temere, ce la farai”. Mi sentivo e mi sento tuttora una roccia. Certo, ci sono mia mamma e mia sorella a darmi una mano; ma a parte questo sto mantenendo mio figlio Erik completamente da sola. Sono fiera di me, e si vede
Quando sei partita lui quanti anni aveva?
«Due, era un frugoletto. Non farmi pensare al mio bambino sette anni fa: il giorno della mia partenza lui era in lacrime, mentre io sorridevo cercando di spiegargli che la mamma sarebbe tornata presto. Presto, capisci? Un anno e mezzo per un bambino di due non è certo presto. E nemmeno per la madre a ben vedere. Quando sono tornata in vacanza non mi sembrava possibile che fosse così grande. È triste pensare che lui cresca senza la mamma accanto».
Fortunatamente ci sono la nonna e la zia.
«Senza di loro non ce l’avrei mai fatta, sarei ritornata a casa nel giro di un mese. La mia famiglia è la mia forza».
Cosa fai per vivere?
«Secondo te? Noi russe facciamo sempre le donne delle pulizie o le badanti, non abbiamo molta scelta. Qualcuna magari diventa baby-sitter, ma è raro. Io sono una badante. Lavoro per la mia signora, la mia “nonna”, da sei anni e mezzo: il mio primo lavoro è anche il mio attuale lavoro. Strano ma vero».
Vuol dire che ti sei trovata bene.
«Altroché. All’inizio era un incubo, per via della lingua e dell’impossibilità di capire esattamente ciò che mi diceva. Piangevo spesso, mi sentivo frustrata; adesso invece è una pacchia. La signora che assisto non è malata, è solo anziana. I figli volevano che qualcuno le stesse accanto per farle compagnia, sistemare la casa e cucinare. Sai, molti non si sentono sicuri sapendo che la madre o il padre di una certa età vivono in casa da soli, così cercano un aiuto».
E tu ti sei fatta avanti.
«Più precisamente si è fatta avanti una mia amica che dopo due mesi non ce l’ha fatta ed è rientrata in patria: non riusciva a stare lontana dal marito e dai figli. È stata lei a propormi e dopo un colloquio conoscitivo quel posto è diventato mio. Morale della favola, adesso mi ritrovo a lavorare per una donna generosa, con un grande senso dell’umorismo, che ama la vita. È un vulcano e mi fa divertire».
È bello che tu dica così.
«Lo dico perché è vero, e anche perché sono contenta. Quest’estate sono stata in vacanza con lei per un mese e mezzo. Siamo andate sulle montagne bergamasche, davvero bellissime. Era un piccolo paesino, quello in cui c’era il nostro albergo, ma stavamo benone: pensione completa, passeggiate, chiacchiere con le altre anziane – e relative badanti – fino a sera, aria fresca. Mi sentivo in vacanza, e in fondo lo ero, visto che la cucina e le pulizie non spettavano a me. Un bel mese e mezzo piacevole, decisamente. Peccato che al nostro ritorno il tempo ci abbia giocato questo brutto scherzo: in questi giorni fa un caldo terribile, mi sento soffocare. In casa abbiamo l’aria condizionata, ma qui in strada si muore».
Quest’anno non hai visto tuo figlio?
«Se c’è una cosa che la mia “nonna” sa è che non posso stare tanto a lungo lontano dal mio bambino. Le ho chiesto se posso rientrare a casa per Natale, per circa tre settimane. “Non c’è problema, Nadia, lo sai che posso benissimo stare da sola. Mi raccomando divertiti e trovati un marito”, mi dice sempre così. In realtà i figli non sono poi tanto contenti quando devo tornare in Russia, ma trovo sempre una sostituta, non lascio sola la mia “nonna”».
Vuole che ti trovi un marito?
«Per lei è una priorità. Sostiene che per quanto io possa guadagnare bene qui in Italia è sempre meglio avere qualcuno che mia dia una mano con mio figlio. Non sono d’accordo, glielo ripeto sempre: posso farcela tranquillamente da sola, come ho dimostrato finora».
Perché fra tanti Paesi dell’Unione Europea hai scelto proprio l’Italia?
«Per via della lingua: per noi è più facile imparare l’italiano che il tedesco o il fiammingo. E poi perché tutti mi dicevano che in Italia ci si trova bene. Devo ammettere che avevano proprio ragione. Pensa, io sono arrivata con un piccolo bagaglio: in Russia facevo l’operaia in una ditta dove si lavorava e confezionava carne, immagina quale potesse essere il mio guadagno e di conseguenza quale il mio bagaglio. Non avevo un indirizzo a cui rivolgermi, a parte quello di una vecchia amica di famiglia sentita pochi giorni prima della partenza. In capo a cinque mesi, passati a casa della “nonna” di questa signora, che gentilmente mi aveva permesso di stare da lei, avevo un lavoro, uno stipendio e un tetto sulla testa. Se non è abbastanza questo per fare del vostro Paese un luogo speciale in cui vivere, dimmi tu cosa può esserlo».
Sembri molto soddisfatta.
«Perché lo sono. Se fossi rimasta in Russia, ora non avrei nemmeno i soldi per comprare un’aspirina nel caso mio figlio si ammalasse. Sono due mondi diversi il nostro e il vostro. Francamente preferisco il vostro sotto molti punti di vista, primo fra tutto quello degli stipendi e dello stile di vita».
Hai progetti per il futuro? Cosa farai?
«Non ho un progetto preciso. Intendo dire che non so per quanto mi fermerò e cosa farò una volta tornata in patria. Però so con certezza che non resterò per sempre in Italia, visto che la mia famiglia è in Russia; e so anche che in qualche modo dovrò tirare a campare nel mio Paese».
Qualche certezza ce l’hai.
«Sto mettendo da parte dei risparmi, non mi dispiacerebbe aprire un’attività tutta mia. Vedendo come sono belle qui in Italia, pensavo a una profumeria, ma è tutto da valutare. Ci vogliono parecchi soldi, quindi ancora parecchi anni qui. Invece io vorrei chiudere fra non moltissimo questa esperienza: mi piacerebbe stare un po’ con mio figlio prima che diventi grande».
È comprensibile.
«Ogni tanto gioco al gratta e vinci. Chissà, magari prima o poi vinco. Ci penso spesso, sai che gioia? Abbraccerei la mia nonna, farei le valigie e tornerei a casa seduta stante. Non ho dubbi: lei capirebbe».
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