Persone così sono la linfa che alimenta il tessuto della scuola

Provate a pensarci. In tutte le scuole esistono persone particolari, figure che vengono naturalmente identificate con la scuola stessa, i cui nomi ritornano in tutti i gruppi di lavoro, in tutte le attività, in tutti gli incarichi. Non agiscono per superbia o esibizionismo, ma per alto senso del dovere, perché comprendono che in una scuola ci sono mille cose da fare e qualcuno deve farle, e preferiscono rendersi disponibili piuttosto che defilarsi, assumersi responsabilità piuttosto che criticare, mettersi in gioco piuttosto che chiacchierare.Da qualche giorno una di queste persone, il prof. Luigi Chini, storico docente di Storia dell’arte al “Maffeo Vegio” di Lodi, non c’è più.Non è opportuno dilungarsi in banali psicologismi sul burnout, il disagio professionale (e sociale) degli insegnanti, né tantomeno soffermarsi sui dettagli del modo in cui Luigi Chini ha deciso, una volta tanto, di farsi da parte. Non è dato sapere (né forse è rispettoso chiederselo) quali pensieri abbiano attraversato la sua mente in quegli istanti estremi, quali sensazioni abbia provato nell’attesa di compiere quanto aveva premeditato, per chi siano stati i suoi ultimi sguardi e ricordi.Conoscendo la sua metodicità, il suo carattere esigente con se stesso quanto indulgente con gli altri, è probabile che ad un certo punto non si sia sentito più all’altezza del suo compito, abbia ritenuto di non poter più fare il suo lavoro col puntiglio e la precisione che lo distinguevano.Va però riconosciuto che l’impegno e la dedizione di quelli come lui non ricevono mai sufficienti apprezzamenti e gratificazioni da parte di dirigenti, colleghi e studenti: si finisce col dare per scontata la loro presenza e col pronunciare il loro nome con compiaciuta rassegnazione, come evocando l’apparizione di una benevola divinità taumaturgica.Valgano allora queste poche righe quale inadeguato e tardivo ringraziamento. Un appello a tutti i membri della sconfinata comunità scolastica: non smettiamo mai di esprimere solidarietà e sostegno ai nostri Luigi Chini. Li riconoscerete facilmente: attraversano i corridoi con passo rapido senza mai attardarsi, semisommersi da pile di libri e registri, sempre frettolosi, mai scortesi. Proviamo ad accostarci senza timore di disturbarli, parliamo con loro, mostriamo interesse e gratitudine per il lavoro che svolgono, offriamo il nostro aiuto; anche se, quasi certamente, ci risponderanno aprendo il loro sguardo assorto in un sorriso, declineranno l’invito e, prima che possiamo obbiettare, saranno spariti dietro l’angolo.«Un grande insegnante non ha eventi da consegnare alla storia.La sua vita confluisce in altre vite.Persone così sono la linfa che alimenta il tessuto intimodella nostra scuola, sono i più alti sacerdoti custodi di un tempio.E continueranno ad essere un fuoco che ardee che darà significato alle nostre vite».

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