Il «suggestivo isolotto» lodigiano sta diventando un deserto

Caro direttore, ho letto con interesse su “il Cittadino” del 22 maggio, l’articolo di fondo di Carla Ardigò “Poveri alberi del Lodigiano....”, nel quale la veterana della salvaguardia dell’ambiente del rettangolo delimitato da Adda, Po, Lambro e Muzza, senza edulcorata nostalgia, ha presentato ai lettori: l’attentato al patrimonio alboreo del lodigiano, che non conosce limiti. L’esortazione e l’allarme potrebbe di nuovo cadere nel vuoto tra i tanti sordastri amministratori e impresari, più impegnati a cercare profitti di un falso progresso, che a difendere e proteggere l’ambiente naturale. Non mancano nell’articolo segnali di ripresa e speranza, particolarmente in quei comuni che hanno a cuore il problema ambientale.Giovane prete in una visita a Pavia, Cesare Angelini, letterato e rettore dell’Almo Collegio Borromeo, mi accoglieva richiamando la scenografia delle alberature che accompagnano il fiume Adda fino allo sbocco nel Po, dopo l’avventura umano-cristiana de “I promessi sposi” e fanno da sfondo al territorio lodigiano “suggestivo isolotto” (non era ancora provincia), che ora sta diventando deserto, ma fino a quando?

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