Ancora una volta finirà per vincere la cultura del cemento

Gentile Direttore, rispondo con piacere e interesse all’intervento del Sig. Elio Trabattoni in merito a Villa Bianchi. Concordo con la sua visione sull’impossibilità di un intervento pubblico di tipo economico ma non perché i soldi non vi siano. È vero c’è la crisi e in tempo di crisi come ben delinea il Sig. Elio non possiamo dare il “companatico” a Villa Bianchi. Mentre i comuni stanno tagliando programmi di assistenza agli anziani e ai disabili. Oggi non ci sono soldi. Come ben rendiconta Philippe Daverio nel suo lucido e lungimirante editoriale dell’anno scorso di ArteDossier: “Noi spendiamo 2 miliardi di euro anno per affari culturali mentre i tedeschi ne spendono 8 e i francesi addirittura 8,5. Non è vero. In Germania la spesa si distribuisce tutta sui Lander e lo stato federale si occupa d’una sola Kunsthalle a Bonn. In Francia la spesa è accentrata attorno al sistema virtuoso dell’unione dei musei nazionali. In Italia il Ministero spende 2 miliardi di euro, le fondazioni bancarie un altro miliardo e mezzo, gli assessorati degli enti territoriali un bel altro 3 miliardi. Quindi i danari ci sono è la capacità di spenderli con intelligenza che manca”.

Fatti i conti quindi c’è da chiedersi del perché questo paese non riesce a salvaguardare il patrimonio culturale e architettonico che lo costituisce. Una cosa è certa gli italiani non ce la possono fare a salvare questo paese, perché troppo lo disprezzano troppo lo utilizzano come un fattore da sfruttare. E su quest’ottica che va inquadrata la questione di Villa Bianchi. Unico esempio di architettura razionalista presente nel lodigiano che da decenni giace nell’incuria e nell’abbandono, forse volutamente, perché ormai ridotta a rudere non preserva di sé alcuna bellezza di valore d’arte e quindi possibilmente abbattibile. Per costruirci cosa? Uffici per avvocati e 20 garage.

Ancora una volta la cultura del cemento prevarrà insieme al valore del denaro. Nella logica sempre più imperante che il privato deve guadagnarci costi quel che costi (non è questa la piaga che ha portato alla finanza speculativa dell’interminabile crisi che sta travolgendo l’occidente?). La sostanza della causa di ciò che siamo e come stiamo oggi sta esattamente qui: l’esclusivo interesse economico. E da qui il cemento e il degrado. E se qualcosa deve essere riconvertita si riconvertano le degradate periferie, ma raggiungere da lì il tribunale sarebbe alquanto scomodo. Ma è di questo film che stiamo narrando. Non di altro. Non di donazioni non di mecenati di tempi che furono.

Ma bisogna avere il coraggio di poter pensare ad altre strade percorribili a rischio di essere tacciati di demagogia, così si dice. Ma un’altra strada è possibile, bisogna pretendere una strada possibile. Forse per Villa Bianchi è tardi, ma credo insieme a Philippe che a poco serve esaltare il ruolo di civiltà se non si formano le coscienze alla sua preservazione. Alla tutela. Cercare di spacciare un progetto di rivalutazione architettonica “costola” a Villa Bianchi è nascondere in parte la verità. Mai come oggi un movimento di opinione deve nascere e schierarsi. Su questa tribù nascente contiamo, e non me ne voglia il caro Philippe ma è questo lo scopo per il quale ha guidato “la rivoluzione degli educati” a unirsi sotto il grido del SaveItaly. “Una vera rivoluzione civile dove non centrano i kalashnikov! Per guerra civile non si vuole qui intendere ovviamente un evento bellico all’interno della società ma un confronto forte fra fronti diversi della civiltà, o meglio ancora fra ciò che reputiamo essere civile e ciò che consideriamo incivile. Incivile è fingere che una città come Lodi non perda un monumento degno di essere così chiamato e condannarlo ad essere qualcos’altro. Save Italy vuol dire anche ricordare chi eravamo e che cosa stiamo diventando. Un movimento d’opinione. Dobbiamo renderci conto della dura realtà, dobbiamo renderci conto che non ce la facciamo a preservare e conservare il patrimonio che la storia ci ha regalato che non è un patrimonio nostro ma di tutta l’umanità d’occidente e questo patrimonio deve essere salvato da chi vi trova una parte sostanziale delle proprie radici”. Chi di noi lodigiani può dirsi fuori da queste radici?

Credo e spero che il Sindaco Guerini congiuntamente alle parti coinvolte in questa partita riescano a trovare la soluzione migliore per ridare Villa Bianchi alla città. Quando si parla di nuova politica che soffia dietro a una nuova porta significa essenzialmente avere il coraggio di credere e sapere dove ci si posiziona di questi tempi di fronte alla cosa giusta. Sennò perché seguire il camper di Renzi?

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