La tenace “resistenza” dei Comparin

L’avrei considerato di sicuro un privilegio, ma non ho avuto la fortuna di conoscere Ampelio Comparin; mi piace però immaginarlo mentre osservava la campagna della sua nuova possessione di Cerro al Lambro: e illudermi che nel suo cuore, finalmente, avvertisse un po’ di pace. La vita, probabilmente, gli fu avara rispetto alle gioie che avrebbe meritato: aveva il conforto della propria splendida famiglia, e la stima di amici che lo tenevano in forte considerazione, primo fra tutti don Umberto Lucchini, che nel pianificare nuove idee la prima persona che interpellava era giusto Ampelio; e lui si faceva sempre trovare pronto a movimentare i suoi trattori per spianare distese, scavare fondamenta, attrezzare aree a verde. Ma il tarlo continuava a rodergli il cuore: essere stato costretto ad emigrare quando, dopo tanti sacrifici, sentiva di aver messo definitivamente radici. La storia dei Comparin è molto antica, ed anche loro, fra parenti, si sono ingegnati per ricostruirla: ne è nato un pamphlet fotografico delicatissimo, dove gli avi si succedono per immagini alle generazioni più recenti.

le origini

Il capostipite che memoria ricordi si chiamava Pietro Comparin ed era di Malo, paese in provincia di Vicenza, citato in una bellissima poesia di un tenente medico, Pier Paolo Fusco, che aveva partecipato alla prima guerra mondiale e così aveva scritto in versi: «Di Malo pel verde silente/fra l’ombra de’ platani/tace la sera: sussurra al torrente l’invito al riposo, a la pace;/Discorre la mistica voce di sogni ne l’anime assorte.../e in alto, su i monti, feroce/discorre il cannone di morte!».

Malo, dunque, paese di scrittori, visto che diede i natali anche a Luigi Meneghello, e di agricoltori; da Pietro nel 1906 nacque Bortolo. Fu lui il più anziano dei Comparin a mettere piede nel Lodigiano. Certo, a Malo i Comparin erano proprio di casa: veneti nel midollo, non si sarebbero mossi da lì, ma l’azienda agricola che possedevano era molto piccola e la parentela numerosa. Tanto che ad un certo punto Bortolo Comparin, per non gravare sulla famiglia, aveva deciso di trasferirsi in Francia andando a lavorare come contadino alle dipendenze di un fittavolo. Rimase lì due anni, combattendo ogni sera contro il magone. Era bravo con il mestiere e gli scocciava stare sotto ad un altro, ma si consolava ricorrendo alla saggezza veneta: “Bisogna tacare el musso dove che vole el paron”, sospirava. Ma la verità era che non vedeva l’ora di tornare in Italia, e alla prima occasione fece bagaglio e si ripresentò a Malo.

i sette figli di bortolo

Già in quegli anni Bortolo Comparin aveva preso moglie: la sua consorte si chiamava Amalia. La coppia progettava un futuro importante, e aveva per questo cominciato dai figli, mettendone al mondo ben sette, di cui uno, purtroppo, mori in tenera età. Bortolo era un uomo molto buono e generoso, dotato di onestà e lealtà, come altrettanto spiccato aveva il senso del risparmio: conservava tutto, persino i pezzetti di corda, che potevano pur sempre tornare utili. Detestava per questo gli sprechi ed era molto parsimonioso. A queste qualità, accompagnava un fortissimo senso della giustizia: per lui, i figli erano tutti uguali, e divideva le cose in modo assolutamente proporzionale, che si trattasse di soldi, di altri affari, come di aspetti ben più spiccioli, dalle uova al frumento. Invece Amalia era una donna infinitamente paziente: aiutava il marito nel lavoro sui campi e si dedicava alla vasta prole.

I tre maschi di casa Comparin divennero tutti agricoltori; delle tre femmine, una, bravissima sarta, sposò un altrettanto, eccellente sarto; una seconda sposò un agricoltore; e, infine, l’ultima, ebbe modo di studiare ed essendo portata per l’imprenditoria avviò in proprio un’impresa nel settore tessile.

tre nuovi lombardi

I tre giovani Comparin, Pietro, Giuseppe ed Ampelio, sotto la guida del padre Bortolo, erano divenuti talmente bravi che le opportunità offerte da Malo stavano loro proprio strette. Così, alla fine degli anni Cinquanta decisero di trasferirsi, tutti quanti, in Lombardia: andarono a Segrate, prendendo in affitto un’azienda agricola di millecinquecento pertiche. Giuseppe era più portato per i lavori in stalla; Pietro curava i campi, e nel tempo libero si dedicava ad una particolare passione: faceva, per proprio conto, piccoli lavori edili; Ampelio, oltre a dare una mano ai due, essendo quello più dotato di visione imprenditoriale gestiva i rapporti con il mercato. Furono per Ampelio, quelli trascorsi a Segrate, probabilmente gli anni più belli della sua vita: ebbe modo di conoscere e di sposare Katia Paganessi, figlia di un coppia di ristoratori del paese. Nella locanda-bar-trattoria-posteria di famiglia, la signora Katia, che all’epoca era proprio una ragazzina, s’ingegnava a preparare i caffè. Ampelio mostrava di apprezzarne la qualità: sarebbe stato ore a decantarne le doti e il perfetto aroma pur di non privarsi della compagnia di Katia. Ed ogni paio d’ore entrava nell’esercizio dei Paganessi, sempre bisognoso di un buon caffè! Finchè dichiarò le sue reali intenzioni: si fidanzò con la ragazza, sposandola qualche anno dopo.

a somma lombardo

Nel 1970 i Comparin presero la decisione di acquistare un’azienda, spostandosi nella frazione Case Nuove di Somma Lombardo. Sembrava l’inizio di un’ulteriore svolta per questa famiglia veneta. Ed in un certo senso lo fu. Ma solo in negativo. L’impegno appariva esaltante perché l’azienda era di notevoli dimensioni. Ma il destino beffardo intese prendersi gioco di loro: tre anni dopo, quando Ampelio aveva appena ultimato la costruzione della sua casa, e doveva solo mettere infissi e pavimenti, il Demanio comunicò loro che li avrebbe espropriati in quanto la loro porzione di terra e di casa cadevano proprio dove occorreva costruire il Terminal 2 dell’aeroporto di Milano Malpensa. Ampelio non voleva crederci. Protestò. Discusse, S’arrabbiò. E finì per ammalarsi: gli venne un insidioso diabete, causatogli proprio dallo stress, che gli si annidò nelle viscere e non lo abbandonò più, portandolo sino alla tomba. L’indennizzo dell’esproprio fu irrisorio, ma non era neppure un problema di soldi: lo smacco fu, piuttosto, che i Comparin dovevano ancora una volta ripartire dal nulla. A metà degli anni Settanta non era facile trovare una nuova sistemazione: e meno che mai per chi agiva in uno stato di vera necessità.

nel sudmilano

Fu un mediatore di Melegnano, Gaetano Curti, uomo vecchio stampo e persona assai perbene, a parlare ad Ampelio della possibilità di trasferirsi a Cerro al Lambro. I fratelli Comparin, dunque, insieme agli anziani genitori Bortolo ed Amalia, nel 1975 si trasferirono qui, acquistando tre ettari di terra, e costruendo immediatamente un capannone per il ricovero dei macchinari e delle altre attrezzature agricole; realizzarono pure una prima villetta prefabbricata di 120 metri quadrati dove tutti presero inizialmente dimora. Nel 1977 costruirono una seconda villetta prefabbricata, dove si recò a vivere Giuseppe con la propria famiglia. Solo nel 1981 Ampelio realizzò una casa civile per sè, la moglie e i due loro figli: Stefano, nato nel 1976, ed Umberto del 1979. Ad aiutarlo nei lavori di costruzione fu ovviamente il fratello Pietro, la cui passione per l’edilizia era ormai sfociata in una competenza assoluta.

L’azienda agricola fu rivolta, anche con l’affitto di ulteriori appezzamenti, alla coltivazione dei campi, attività affiancata più in là da un misurato impegno di contoterzismo. Si è cominciato con soia e colza, per passare poi al mais da granella e da trinciato, e al grano. I prodotti sono sempre stati venduti all’ingrosso. Insomma, tutto sembrava preludere al meglio. Ma non era così. Ampelio non aveva digerito lo smacco del forzoso abbandono della cascina di Somma Lombardo: gli veniva proprio male. Aveva soltanto 38 anni, e certe volte appariva un vecchio: stanco, fiacco, senza energie. La comunità di Cerro al Lambro gli voleva bene: lui era sempre stato un uomo disponibile, sapeva dai racconti del padre e del nonno cosa significava vivere di poco, e per questo aiutava chiunque gli chiedesse una mano.

un colpo durissimo

Nel 1986 Ampelio morì. Fu un durissimo colpo per tutti. La signora Katia vacillò, e per fortuna seppe resistere con forza e ammirevole coraggio. Ella è una donna discreta, ma di ferro: sapeva, probabilmente in cuor suo, che tutta la sofferenza del marito, non solo fisica, soprattutto morale, un giorno sarebbe stata ripagata con nuove gioie. Accadde quando il futuro sembrava prendere un’altra strada: il suo primogenito Stefano s’era iscritto all’università, nella facoltà di Ingegneria meccanica; l’ateneo inseriva soltanto 90 studenti, le domande erano state tantissime: e Stefano aveva studiato molto per superare le prove; la sua soddisfazione era dunque legittima ed enorme: ma gli bastarono tre mesi per capire che gli mancava il lavoro nei campi; andava alle lezioni e pensava che, nella stessa ora, il lavoro ferveva nell’azienda agricola di famiglia. Incisero anche le circostanze: uno zio si metteva in proprio, e la famiglia necessitava di nuove forze. Finì che Stefano mollò l’università, con consapevole e libera scelta, e affiancò l’altro zio, Giuseppe, che col proprio figlio Luca era rimasto in azienda insieme alla signora Katia.

in difesa

Stefano Comparin è come suo padre Ampelio: pur amando la terra ha visione imprenditoriale e capacità di progetti. Del padre, possiede la stessa pignoleria positiva. Certo, non gli mancano le titubanze: mentre i suoi avi hanno realizzato per accrescere i propri beni, lui deve impegnarsi per mantenerli e non rischiare di perderli. L’agricoltura sa essere voltagabbana: oggi non ci si sviluppa più, quando va bene si resta con quello da cui si è partiti. Se da un lato è cresciuta la meccanizzazione agricola, e i macchinari sono sempre più sofisticati, le attività agricole sono rimaste identiche, anzi sono invecchiate; crescono i costi, stagnano i profitti. Anche l’altro figlio di Ampelio e Katia, Umberto, ha scelto con grande passione di lavorare in azienda agricola: e, anche lui ha qualcosa del padre, a partire dal carattere espansivo.

Poi ci sono le nuove generazioni: Edoardo, il figlio di Stefano; Kevin e Nicholas, i figli di Umberto. Infine, Jacopo e Laura, figli del cugino Luca.

Toccherà a loro, un giorno, riannodare i legami con i parenti che sono rimasti a Malo: perché i Comparin oramai hanno solide radici qui. Ampelio, con le sue grandi doti umane, aprì ai suoi discendenti un grande credito di fiducia, che loro stanno meritando in pieno lungo il corso dei giorni attuali e sul solco di quelli avvenire.

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