Anna è una persona molto dolce, che parla l’italiano con difficoltà, ma che riesce a farsi capire grazie ai modi schietti e a una calma innata, nonostante la sua vita sia una corsa continua. Anna è infatti il pilastro su cui si fonda l’equilibrio di tutta la sua famiglia: un marito, due figli e una figlia, con rispettivi compagni e nipoti. È lei che si occupa degli appartamenti e dei bambini, è lei che cucina per tutti e lavora per portare a casa i soldi necessari per la spesa settimanale. Le aspettative nei suoi confronti sono altissime, e la nostra protagonista cerca di non deluderle. Non male per una donna di cinquantasette anni che si è dovuta reinventare una vita in Italia. Se Anna ha lasciato l’Albania è solo per necessità: il suo cuore è nella sua casa, la sua vera casa, da cui si vede il mare e in cui tutti si sentono una sola, grande famiglia. Buongiorno Anna, mi hanno detto che lei lavora moltissimo. «Faccio quello che posso. La mia famiglia ha bisogno di me, e io non mi tiro indietro. Ogni tanto mi sento stanca, ma non ho tempo per riposare. La mia giornata è lunghissima».
Ce la vuole raccontare?
«Inizio il mattino alle sei. Mi sveglio per preparare la colazione a mio marito e a mio figlio, che vanno insieme al lavoro. Appena escono sistemo la casa: faccio i mestieri fino alle otto circa. Poi ho un quarto d’ora per prepararmi per il lavoro».
Di cosa si occupa?
«Pulizie, sono una colf. Lavoro solo al mattino, per quattro famiglie diverse che ho conosciuto grazie al passaparola. Non mi fermo nemmeno un istante: voglio che i miei datori di lavoro non abbiano di che lamentarsi: quando esco di casa tutto deve essere perfetto. Sai, non posso permettermi che mi licenzino, proprio no. Anche se a fine settimana non porto a casa cifre importanti, i soldi che guadagno servono per la spesa e sono una vera manna dal cielo. Ci contano tutti».
C’è un motivo per cui lavora solo al mattino?
«Per scelta, perché il pomeriggio lo dedico alla famiglia. Oltre a mio figlio minore, che vive con me e mio marito, ho un altro figlio e una figlia, entrambi sposati. In tutto ho tre nipotini. Bene, il pomeriggio faccio le pulizie negli appartamenti dei miei figli e poi mi occupo dei nipoti».
E sua figlia e sua nuora?
«A loro volta fanno le pulizie a casa di altre famiglie, sono anche loro colf. Sembra strano, vero? Io sono la colf della colf. Mi fa sorridere».
Dovrebbe riposarsi ogni tanto, però.
«È un lusso che non mi posso permettere, credimi. Quando finisco a casa dei miei figli è la volta della cena per mio marito e mio figlio. Poi ci sono i piatti da lavare e in un attimo è ora di andare a dormire, per ricominciare l’indomani».
Lavora davvero moltissimo.
«Come ti dicevo, faccio il possibile. Vado avanti giorno dopo giorno in questo modo. Spero solo di non ammalarmi, perché se io non fossi pienamente in forma, tutti intorno a me avrebbero dei problemi. Quando mi sento giù e avverto che il morale mi sta andando sotto i tacchi, per ritrovare il sorriso penso a casa mia».
In Albania?
«Sì, sul mare. Penso alla mia casa con le imposte aperte e la brezza che entra dalle finestre. Ho una villa bellissima, sai? Con un grande terreno, un vista incantevole e ampie stanze per ospitare tutti i miei familiari. Se solo in Albania ci fosse il lavoro, sarebbe il posto perfetto in cui vivere. Non avrei mai voluto partire».
Perché, allora?
«Perché mio marito si trovava qui, i miei figli si trovavano qui, e io avevo modo di rendermi utile, a differenza di quanto accadeva in Albania. A dire il vero una persona che ha bisogno di me c’è anche in Albania, ma ho dovuto fare una scelta».
Di chi si tratta?
«Di mia madre, molto anziana. Ha ottantaquattro anni ed è una donna forte, d’altri tempi. Purtroppo però ultimamente non sta bene. Sono preoccupata, sai? E ciò che più mi rattrista è che io sono lontana. Con lei c’è mio fratello, ma a volte mi sento in colpa, perché mi sembra di averla abbandonata. Con la sua pensione non riesce nemmeno a pagare le bollette. Quest’inverno l’hanno addirittura lasciata senza riscaldamento. Ci abbiamo pensato noi dall’Italia, perché mio fratello non aveva soldi da prestarle. Insomma, ci si aiuta come si può: noi da lontano mettiamo il denaro, mio fratello e la sua famiglia mettono il loro impegno. Alla fine dello scorso anno sono dovuta però rientrare anche io: si era aggravata e a casa avevano bisogno del mio aiuto».
È rientrata da sola?
«Esattamente, con mille valigie pesanti piene di vestiti e regali per i miei cari. Hanno bisogno di tutto, perché la povertà in Albania è veramente terribile».
Lei vorrebbe tornare a casa per sempre? Mi sembra che non sia felice qui.
«Io tornerei a casa domani, se potessi, ma ormai ho perso le speranze».
Come, ha perso le speranze? Là ci sono la sua casa e la sua vita.
«Verissimo, ma i miei figli sono qui e hanno bisogno di me qui, non in Albania. A me mancano più di dieci anni per la pensione, a mio marito pure. Mi dici tu dove andiamo? Ce ne restiamo in Italia, punto e basta, e la mia casa la aprirò solo per le vacanze estive. Vorrei che fosse diverso, ma non posso cambiare il mondo. Del resto ho la certezza che i miei figli si fermeranno per sempre in Italia, quindi, meglio non pensarci».
Cosa glielo fa intuire?
«Il fatto che abbiano comprato casa, investendo tutti i loro risparmi. Questo da un lato mi rende orgogliosa, dall’altro lato mi rattrista: i miei nipotini non vivranno mai in Albania, da veri albanesi. E cosa sarà della nostra cultura, del legame con la nostra terra?».
Posso capirla, sa? Lei sente di appartenere al suo Paese e vorrebbe che fosse così per tutta la sua famiglia. Ma non è possibile.
«Mi rattrista. Allora con loro parlo solo Albanese e preparo i nostri piatti tipici. Faccio quel che posso, anche in questo caso. E mi sembra che i miei nipotini apprezzino».
Diceva di essere venuta in Italia per seguire suo marito.
«Esattamente. È stato il primo della famiglia a emigrare, dodici anni fa. Poi è stata la volta di mio figlio maggiore, che ha trovato posto in un’officina, quindi di mia figlia, che come accennavo fa la colf, come la cognata. Infine mio figlio minore, manovale come mio marito».
Suo marito faceva il manovale anche in Albania?
«No, non ci crederai, faceva il pasticcere. Era convinto di riuscire a lavorare in una pasticceria anche in Italia, ma si illudeva. D’altronde il problema è presto detto: le ricette non sono le stesse, quindi nessuno ha voluto assumerlo; sapeva fare dolci non interessanti per questo mercato».
Ma poteva sempre imparare.
«Ha imparato a fare il manovale, il primo lavoro che è riuscito a trovare. Ed eccoci qui».
Cosa vede nel suo futuro, Anna.
«Niente di speciale, vedo questa vita finché resisto e tutto va bene. Ho bisogno di lavorare, quindi spero fermamente di continuare a farlo. E spero anche di continuare ad aiutare i miei figli e i miei nipoti come sto facendo ora».
È una brava persona, Anna.
«Non sono una brava persona, sono una mamma. Chiunque, al posto mio, farebbe quello che sto facendo per i miei figli. Ora scusami, ma devo andare a casa di mia figlia. Grazie per avermi ascoltata».
Grazie a lei. E in bocca al lupo.
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