Profeta in patria a Casale

Sembra impossibile immaginare un Casalpusterlengo senza Cisco Friggé. E infatti da ormai 45 anni a questa parte il binomio è indissolubile, molto più che un matrimonio: «Nella mia vita non ho mai avuto una moglie, perché in realtà io ho sposato il Casale», la conferma di uno dei pezzi della storia lunga quasi settant’anni della società bianconera. Una storia che come recita una sorta di “epigrafe” che si trova nella sede della “Ducatona” (lo storico impianto di gioco del Casale) è il prodotto di tante piccole società nate nel dopoguerra che hanno rappresentato il movimento calcistico in città. Dalla Juventina nata nel 1947 alla Casalese, oltre al Pro Casale e al Bar Rino, da cui a metà anni Settanta nasce la Casaljuventina, che poi si unisce al Club Toro dando vita alla Us Casalpusterlengo Juventina, oggi semplicemente Usd Casalpusterlengo 1947. Una storia che non può prescindere da quello che oggi è il suo presidente, ma che in passato è stato tutto, anche se le pagine più belle le ha scritte in panchina.Nato proprio a Casalpusterlengo nel 1949, Francesco, per tutti Cisco, Friggé è l’esempio vivente che il detto “nemo propheta in patria” non sempre è veritiero. Dopo il servizio militare infatti Friggé nel 1971 inizia la sua carriera di allenatore e la sua lunga storia d’amore con il Casale. Inizialmente si forma al Fanfulla, dove resta per sei stagioni, prima di passare alla Cremonese per quattro anni. Ma nel frattempo è la squadra del suo paese che lo affascina e il cui richiamo è troppo forte. Dalla Seconda Categoria alla Promozione, fino al culmine toccato nella stagione 2000/2001 con la conquista per la prima volta dell’Eccellenza: «Quello resta il mio più grande ricordo a livello sportivo – confessa Cisco – perché si trattò di un’impresa unica che infatti non si è mai più ripetuta. Ricordo che finimmo in un girone durissimo in cui le squadre oggi sono quasi tutte tra i professionisti, e nonostante ciò retrocedemmo solo all’ultima giornata».Tantissimi i campionati di Promozione disputati sotto la sua guida, sempre in un contesto dove l’attaccamento alla maglia e il senso di appartenenza alla società venivano prima di tutto: «Oggi non è più così e purtroppo spesso ci troviamo di fronte a giocatori che prima che il progetto tecnico valutano l’offerta economica». Per tanti anni insegnante di laboratorio di chimica in un istituto tecnico di Casale, Friggé oggi gestisce un negozio di articoli sportivi a Piacenza, ma la sua vita resta legata alla “Ducatona”: «Mi hanno nominato presidente lo scorso anno giusto perché forse era l’unico ruolo che non avevo ancora ricoperto all’interno della società – sorride l’uomo simbolo del Casale –, anche se io resto fondamentalmente un uomo di campo». E anche un uomo di vecchio stampo, abituato a far parlare i fatti piuttosto che le parole: «È cambiato il mondo e di conseguenza anche il calcio. Adesso ci troviamo di fronte a situazioni inimmaginabili fino a qualche anno fa, con genitori che spesso si sostituiscono agli allenatori. Io dico sempre che un ragazzo appartiene alla sua famiglia, ma quando varca il cancello del centro sportivo siamo noi a dovercene occupare». C’è anche un altro aspetto che secondo il presidente del Casale non è da sottovalutare: «È sempre brutto dire che si stava meglio prima, perché non è proprio così, però c’erano certamente maggior dedizione e più voglia di sacrificarsi da parte dei giocatori e soprattutto anche la qualità del gioco era migliore per il fatto che c’era più scelta. Si giocava di più a calcio, oggi non è più così. E poi lasciatemi dire che questo voler continuamente scimmiottare i professionisti è ridicolo. Sento parlare di ingaggi tra i dilettanti e rabbrividisco: non dico che si debba per forza giocare gratis, ma l’esosità è sempre sbagliata. Nel nostro mondo sta venendo a mancare l’etica dilettantistica con società disposte a svenarsi per rubare giocatori alle altre».Questa lunga storia d’amore è stata però anche il vero limite che non ha permesso a Friggé di cedere alle tante richieste che negli anni d’oro arrivavano da tutte le parti. Lui, da vero “hombre vertical”, ha sempre detto no e la cosa che più colpisce è che non lamenta alcun rimpianto: «Come facevo a lasciare Casale e il Casale? Insieme a tanti altri volontari abbiamo costruito questa splendida realtà e mi sono sempre sentito responsabile delle sorti non solo della squadra, ma anche della società, per cui anche se le richieste non mancavano, puntualmente arrivava il mio “no, grazie”».Gli anni passano, ma la passione resta e oggi come ieri c’è da tagliare l’erba al campo, sistemare gli spogliatoi, sbrigare le pratiche con il fido segretario Francesco Fraschini e relazionarsi con il direttore sportivo Mauro Gatti. La vita da presidente in fondo non è tanto diversa da quella da allenatore: «Fino a qualche anno fa dicevo che i giocatori erano i miei figli – scherza Friggé –, oggi purtroppo devo dire che sono i miei nipoti».Andrea Grassani

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