Quarantotto Comuni, 573 chilometri quadrati, 170 mila abitanti. È la zona più industrializzata della provincia di Cremona e anche la parte più densamente popolata. Ma con Cremona non hanno mai voluto legare. Non è questione di mentalità e di dialetto, ma di identità: sono, a farla breve, due popoli differenti. E ora che Cremona (i cui motivi non ci sono del tutto comprensibili) ha deciso di sposarsi con Mantova, acconsentendo a un’unione dove la casa degli sposi sarà insediata in quest’ultima città, a Crema hanno deciso una volta per tutte di cambiare registro. Crema ha scelto di abbandonare Cremona al proprio destino e di cercare alleanze altrove, con i territori a essa più vicini. Mantova è geograficamente troppo lontana da Crema, e le strade per raggiungerla sono le stesse che si utilizzavano all’epoca dei Gonzaga. Crema impiega dieci minuti per arrivare a Lodi o a Milano, ma ce ne mette più di un’ora per mettere piede a Mantova.
Di qui la mano tesa al territorio limitrofo. Ossia al Lodigiano. La grande, storica novità della composizione del puzzle delle future aree vaste che dovrebbero nascere dalle ceneri delle province vede Crema catapultata su Lodi. Non era mai accaduto prima.
Lunedì sera nell’auditorium della Banca Popolare, all’appuntamento organizzato dal “Cittadino”, tra le circa settecento persone intervenute non c’erano solo le massime istituzioni del territorio (per tutte, citiamo il prefetto di Lodi) e parecchie decine di sindaci del Lodigiano, ma era presente anche una folta rappresentanza di primi cittadini del Cremasco, ad attestare che la proposta di un patto di stretta collaborazione tra i due territori non è del sindaco Bonaldi, ma giunge dalla gran parte dei suoi colleghi.
È in questo contesto che alcune considerazioni sono doverose.
La disponibilità del Cremasco a imboccare un tratto di strada insieme al Lodigiano è e resta l’unica considerevole novità tra gli scenari istituzionali che dovranno essere esaminati dai due territori in un imminente futuro.
Al convegno di lunedì sera nessuno tra quanti hanno preso la parola ha dimostrato impeto, sostegno e smania all’ipotesi di una maxi provincia affacciata sul Po (da Pavia a Mantova, dentro la quale il Lodigiano… annegherebbe), men che meno su un matrimonio tra Lodi e Pavia.
In un percorso che ha visto in questi mesi Lodi e il Lodigiano incamminarsi a testa bassa - quasi l’unica scelta obbligata, ed è emerso anche all’assemblea dei sindaci di ieri - verso la Città metropolitana, l’offerta arrivata da Crema merita il massimo delle attenzioni.
Quali possibilità esistono per Lodigiano e Cremasco di rimanere uniti, dando vita ad una delle aree vaste, uno dei “cantoni” disegnati dal governatore della Lombardia Roberto Maroni? Oppure Lodi e Crema rischiano un’unione tra poveri, le classiche nozze coi fichi secchi? Ancora: Lodigiano e Cremasco, insieme, superano i 400.000 abitanti: è possibile, su questa base, negoziare possibili accorpamenti futuri, siano essi (come vogliono i sindaci della provincia di Lodi) con la Città metropolitana o con la pianura trevigliese dell’Adda (come prospettato dal lunedì sera dal sindaco di Crema)?
L’offerta del Cremasco merita non solo una forte considerazione, ma un interessante approfondimento. Per ambedue i territori questo è uno di quei treni che talvolta – ma molto raramente – passano nel corso della vita. Il Lodigiano non respinga la mano offerta dal Cremasco. Le scelte che verranno assunte in questo frangente peseranno sul futuro istituzionale dell’intero territorio.
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