Il caso della scuola di Pioltello ci interroga sul modello di nuova Italia

Non c’è dubbio che l’attuale pluralismo culturale e religioso crei molto disorientamento: eravamo abituati a vivere nella cattolicissima Italia in cui la religiosità permeava ogni singolo aspetto del vivere civile, anche a prescindere dal credo personale, e ora restiamo spaesati di fronte alle novità che irrompono nella nostra vita. A testimonianza di questo fatto è sufficiente osservare il clamore suscitato dalla decisione dell’Istituto Comprensivo di Pioltello di dichiarare un giorno di festa per il 10 aprile, in occasione della fine del Ramadan. Le reazioni, come spesso accade in questi casi, sono state le più varie: si è andati da atteggiamenti dubbiosi e critici fino a comportamenti e dichiarazioni decisamente scomposti e sopra le righe. È evidente la difficoltà di affrontare situazioni di questo tipo, in cui la giusta custodia delle nostre tradizioni e radici religiose si confronta (e talvolta si scontra) con l’altrettanto giusto rispetto della cultura dell’altro. Nessuna scelta è indolore in questi casi: cambiare quanto si è sempre fatto può dare la percezione di cedere ad una rinuncia della propria identità e a un indebolimento della propria cultura e tradizione. D’altra parte, mostrarsi insensibili ai cambiamenti che, volenti o nolenti, sono avvenuti nel nostro tessuto sociale, corre il rischio di scivolare in una forma di mancata integrazione, di esclusione o addirittura di violenza.

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