Insultare le forze dell’ordine nel corso di un incontro di hockey è motivo sufficiente per adottare un provvedimento “daspo” (divieto di accesso ai luoghi in cui avvengono manifestazioni sportive), ma la questura è tenuta a indicare con precisione le manifestazioni cui l’accesso è vietato. Lo ha deciso il Tar di Milano, terza sezione, che ha accolto parzialmente il ricorso presentato da un lodigiano di circa 40 anni, C.C., che l’1 dicembre del 2011 si era visto imporre il divieto di accesso per due anni ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive. Il lodigiano aveva impugnato il “daspo” innanzi al prefetto, che però lo aveva confermato.
E così il tifoso si è rivolto alla giustizia amministrativa. Contestando, innanzitutto, di meritare questa restrizione: a suo dire, l’episodio interpretato come indice della sua pericolosità si sarebbe svolto diversamente rispetto a quanto riportato dalle forze dell’ordine. In occasione di un incontro di hockey, era stato sottoposto a perquisizione, ma aveva reagito con “parole ingiuriose”. “Tale comportamento - annotano i giudici del Tar - è di per sé pericoloso...è da rilevare che una forte reazione verbale nei confronti di operatori di polizia che svolgono funzioni di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive costituisce, come purtroppo l’esperienza ha più volte dimostrato, il primo gradino di un’escalation pericolosa. In quanto le forze di polizia“ in queste circostanze “debbono operare in un clima di latente tensione che una razione violenta alle loro legittime richieste può facilmente scatenare”. I giudici del Tar evidenziano inoltre che “la ribellione verbale alla richiesta di perquisizione era dovuta alla circostanza che il ricorrente era sotto l’effetto di sostanze alcoliche, e questa circostanza è dimostrata dal fatto che, terminata la competizione, il ricorrente è stato fermato in stato di ebbrezza a bordo della propria auto. Tale circostanza aggrava ulteriormente l’episodio e conferma la correttezza del provvedimento”.
Il tifoso però ha anche contestato “l’eccessiva genericità dei luoghi indicati, che gli impedirebbe di pianificare una condotta conforme alle prescrizioni”. E su questo il Tar gli da’ ragione: “Al di là degli impianti individuati nel comune di Lodi, per il resto il provvedimento è eccessivamente generico”. Il Daspo dovrà quindi essere integrato con l’indicazione specifica di “manifestazioni e luoghi” oggetto del divieto. Il Tar ha posto a carico del ministero dell’Interno il pagamento del contributo unificato per il ricorso.
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