Lodi, l’appello: «Non lasciate i bambini in classe da soli»

Il caso dei disabili e dei “bisogni sociali”: la presenza per loro va ripensata

Da settimane ormai la zona rossa in regione Lombardia ha previsto la chiusura delle scuole scatenando anche a Lodi proteste tra associazioni di categoria, comitati di genitori e delle stesse famiglie che si sono trovate da un giorno con l’altro catapultate in difficili situazioni domestiche e lavorative da dover gestire tra le mura di casa. Ma è anche la storia di chi, tutti i giorni, riempie quell’unico banco della classe, in un’aula completamente vuota, a far germogliare il seme dell’esigenza di un cambiamento, che prenda il via dalle scuole del Lodigiano per aprire la possibilità di piccoli gruppi in presenza a fianco dei bimbi disabili.

Con un provvedimento ministeriale, infatti, si prevedono le linee guida per definire la possibilità di frequenza per gli studenti disabili ma anche la possibilità di integrare la frequenza a scuola degli alunni disabili, Bes (bisogni educativi speciali) o Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento), con la presenza di piccoli gruppi dei compagni di classe, anche a rotazione. Un provvedimento, però, che lasciando libero arbitrio in merito alla valutazione dei singoli casi, prevede che siano le stesse istituzioni scolastiche a prendere decisioni per ciascun plesso, riguardo l’attuazione della stessa circolare.

«Laddove il singolo caso prevedesse le condizioni tracciate dalla normativa di riferimento, le stesse istituzioni scolastiche non dovranno esclusivamente limitarsi a consentire la frequenza agli alunni e agli studenti in parola, ma coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito». E a tal proposito, anche la voce delle associazioni di categoria, in prima linea per l’inclusione sociale e i diritti delle persone disabili, non sono tardate ad arrivare facendo luce su di una reale esigenza delle persone più fragili, che sta venendo meno.

«La nostra posizione prevede senza alcun dubbio la necessità di svolgere la didattica in presenza – dichiara Alessandro Manfredi, presidente di Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) – ma che possa essere svolta, al contempo, in presenza di un ristretto gruppo di pari. La presenza in classe degli studenti diversamente abili, infatti, non può certo prescindere dalla necessità di legami e relazioni, importanti più che mai in pandemia, per combattere l’isolamento sociale».

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