LODI Imbrattamenti in centro, una scritta anche sulle mura della Cattedrale

La frase è stata vergata a pennarello nei pressi di uno degli ingressi laterali del duomo

Anche la Basilica Cattedrale di piazza della Vittoria nel mirino dei vandali dal graffito. Alla stregua dei maggiori monumenti italiani, come di recente accaduto al Colosseo, imbrattato da una turista svizzera, le quasi millenarie mura della Cattedrale sono state deturpate con una scritta calcata a pennarello su un mattone della facciata esterna. La frase, nello specifico, fa riferimento ad un brano dei cantanti Tedua e Chris Nolan, ed è comparsa da qualche giorno nei pressi di una delle porte laterali che danno sull’ingresso principale del duomo, a ridosso del palazzo comunale, in uno dei punti dove si alternano con frequenza presidi delle forze dell’ordine. L’episodio ha destato molto scalpore fra i lodigiani, non solo perché coinvolge il principale e più grande luogo di culto della provincia lodigiana, ma perché si inserisce come l’ultimo di una serie di analoghi accadimenti.

Primo tra tutti il recente sfregio al vicino fonte battesimale di piazza Broletto, vergato su un lato con un ghirigoro illeggibile ed al contempo indelebile. A seguire ben due episodi aventi per protagonista la statua di Paolo Gorini in piazza Ospitale. Il primo, più goliardico che altro, si era manifestato come un colbacco di peluche apposto sulla testa del noto scienziato imbalsamatore.

Il secondo, rientrante più nella sfera dell’arte classica, aveva coinvolto la base del monumento, colorato con gessetti variopinti e, per fortuna, lavabili. Impossibile, poi, non citare la moltitudine di scritte che avvolgono i muri di abitazioni private e di edifici pubblici, sparse per le principali vie del centro: da via Cavour, la più presa di mira, a via Volturno, corso Adda, via San Francesco, corso Umberto e via Fanfulla.

È insito nella natura umana il bisogno atavico di voler a tutti i costi lasciare un segno del proprio passaggio sulla Terra, come a dire, «io c’ero, non scordatevi di me».

Lo hanno fatto i primi ominidi nelle passate ere geologiche e continueremo a farlo noi, scrivendo, dipingendo, componendo. Ma fra le pitture rupestri delle grotte di Lascaux, gli affreschi della Cappella Sistina e queste volgari scritte che sembrano solamente voler rovinare l’architettura dei monumenti di tutta Italia passa molta differenza: prima su tutte la bellezza, elemento divisorio che separa un gesto ricercato, pensato e studiato, ponendolo in antitesi ad un raptus vandalico, frutto di insipienza utile solo a suscitare indignazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA