Lodi e l’“assedio” dell’elemosina

La Caritas: «In alcuni casi non bastano le monetine, il vero aiuto va oltre, passa attraverso percorsi di inclusione»

La macchina si ferma nelle strisce blu, non appena la portiera si apre c’è chi si avvicina con un borsone pieno zeppo di calzini, accendini, cinture: “Compri qualcosa?”. Sono i parcheggiatori abusivi della città del Barbarossa, una presenza che nel corso dei mesi si è fatta sempre più numerosa: una quindicina nel posteggio dell’ospedale Maggiore, in via Massena; 7 in piazza Mercato; uno nella sosta di porta Cremona; 4 lungo i Giardini del Passeggio.

Stranieri, per lo più africani, alcuni residenti nel Lodigiano, questo il loro “identikit”. Trascorrono tutta la giornata nei posteggi della città, arrivano alle 7 del mattino e si fermano fino alle 17 circa, pur sapendo che gli affari non andranno a gonfie vele: «Quando va bene si guadagnano dieci euro», ammette qualcuno. Tutti gli intervistati dicono di essere in regola con il permesso di soggiorno, di pagare l’affitto e le bollette ma di non riuscire a trovare un lavoro: «In giro non c’è niente di niente, altrimenti non saremmo qui». Quale occupazione vorrebbero? «Qualsiasi». Anche pulire i bagni pubblici andrebbe bene, c’è chi la pensa così e lo dice senza problemi.

Finiti spesso al centro di agguerrite polemiche, quasi “in sospeso” tra chi vorrebbe che il Comune e la polizia locale prendessero drastici provvedimenti e chi invece li considera dei disperati da aiutare, i parcheggiatori abusivi sostengono a più riprese di non avere alle spalle nessun “padrone”. Nessuno che gestisca le loro vite, il loro tempo e le loro vendite, e questo nonostante il sospetto - avanzato anche da diversi esponenti politici - che queste persone siano sfruttate da un racket che si nasconde alle loro spalle. «Compriamo tutti a Milano, in via Paolo Sarpi, dai cinesi. Compriamo con i nostri soldi, poi vendiamo».

Accanto ai parcheggiatori abusivi, ci sono decine di mendicanti: africani o romeni, qualche volta nomadi, che con il cappello in mano cercano la carità, specialmente nei giorni di mercato, quando il centro storico si affolla di lodigiani. Davanti ai supermercati, fuori dai negozi o da qualche edicola, all’ingresso dei cimiteri o delle chiese, cercano la carità.

Vagabondi, senzatetto e posteggiatori qualche volta sono finiti al centro di episodi di cronaca.

«C’è una povertà che è cresciuta per effetto della crisi economica. Sono diverse le persone che si trovano in difficoltà perché hanno perso il lavoro o non lo trovano – interviene don Andrea Tenca, direttore della Caritas diocesana –, molte di queste persone però non si rivolgono al nostro centro di ascolto, che cerca di avviare dei progetti di aiuto per togliere dall’emarginazione. In alcune situazioni - conclude don Tenca - non basta accontentarsi dell’elemosina, perché spesso il vero aiuto va oltre, e passa attraverso dei percorsi di inclusione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA