Emorragia nelle stalle lodigiane

Nell’arco di dieci anni le stalle lodigiane si sono svuotate sempre più. E i numeri fanno impressione, perché all’appello mancano quasi 50mila suini (49.745 per l’esattezza) e 11.746 bovini. I maiali, infatti, sono passati da 410.347 a 360.602, mentre le mucche da 114.988 a 103.242.

Una “dieta dimagrante” accompagnata dalla chiusura di molte aziende: dal 2000 al 2010 le attività agricole sono scese da 1.714 a 1.334, questo significa che la provincia ha perso 380 imprese, un calo pari a -22,2 per cento. Se si considerano solamente gli allevamenti, invece, le attività perse irrimediabilmente sul territorio ammontano a 321, le aziende in questo caso sono passate da 919 a 598.

Allo stesso tempo, però, si assiste all’ampliamento delle dimensioni medie degli allevamenti, una tendenza riscontrata in tutta la Lombardia e che potrebbe essere interpretata come un rafforzamento della struttura produttiva.

Anche per quanto riguarda i bufalini, il mondo agricolo lodigiano si trova di fronte a una perdita: i capi si sono ridotti da 494 a 316. In altre province la variazione è stata positiva, nonostante questa tipologia non abbia una particolare tradizione, è accaduto per esempio a Bergamo.

Con i bufalini la Lombardia si è aggiudicata il quarto posto per capi allevati, rappresentando il 2,85 per cento del patrimonio nazionale. Notizie positive arrivano invece sul fronte degli equini, anche se in questo caso si tratta di numeri contenuti: i cavalli sono passati da 537 a 606.

I dati fanno parte del sesto censimento generale dell’agricoltura stilato dall’Istat, che al momento non ha ancora elaborato i dati definitivi.

Oggi su tutto il territorio lombardo si contano circa 54mila aziende agricole, con una superficie agricola utilizzata di 984.871 ettari, pari al 41per cento della superficie territoriale regionale, con una flessione rispettivamente del 24 per cento e del 5,3 per cento rispetto alla precedente rilevazione del 2000.

In passato, nel Lodigiano, la dimensione media di un’azienda era di 33 ettari, un’estensione riferita alla superficie agricola utilizzata che con il tempo si è estesa fino a raggiungere i 42 ettari, con una crescita del 27,7 per cento.

In questi giorni gli allevatori sono sul piede di guerra, e non solo per la bufera (l’ennesima) che si è scatenata sul prezzo del latte. Le organizzazioni sindacali, infatti, denunciano la grave situazione in cui si trovano molte aziende: i costi di produzione stanno mettendo in ginocchio soprattutto i “piccoli”, oltre ai rincari di energia, carburante e materie prime, adesso devono confrontarsi con un’industria che riconosce all’oro bianco un costo inferiore rispetto a quello concordato all’inizio dell’anno. Un prezzo ormai scaduto.

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