Il romanzo meticcio dell’Italia coloniale

Ultima fatica del simposio di scrittori che opera sotto lo pseudoniumo di Wu Ming, in collaborazione questa volta con Antar Mohamed, Timira ci riporta a una viceda del tutto italiana e in massima parte, a differenza delle altre geniali trovate del gruppo, basata su una storia del tutto vera. La storia di Isabella Marincola, di padre italiano e madre somala, retaggio dell’avventura coloniale dell’Italia fascista e del fratello Giorgio, tragicamente scomparso nel corso della seconda guerra mondiale. Tra la gioventù per così dire in camicia nera, al seguito del padre nella Roma mussoliniana che vede come fumo negli occhi lei e il fratello per la pelle scura, e nell’Italia repubblicana, con una piccola partecipazione, strana mondina nera in Riso Amaro di Giuseppe de Santis, alla ricerca di una difficile, se non impossibile integrazione, al ritorno alle origini in Africa con un nuovo nome, Timira Hasan, nella Somalia che si avvia all’indipendenza e alla dittatura di Sia Barre. Sino a un nuovo viaggio in Italia, dove il figlio vive e studia, profuga, ultima cittadina italiana rimpatriata nel maggio 1991 dopo lo scoppio della guerra civile nell’ex colonia abbandonata da tutti senza casa e senza appoggi. Un romanzo meticcio, come lo definiscono gli stessi autori, giocato su due piani, quello europeo e quello africano, settanta anni di storia visti con gli occhi di un’italiana particolare, un duro j’accuse contro la società del Belpaese e le sue molte, troppe ipocrisie. Scritto con una forte verve polemica pur tuttavia questo libro, a metà tra il romanzo e la biografia, a nostro avviso è un poco deludente perchè perde lo smalto di cui gli autori avevano dato mostra nei romanzi pubblicati in passato

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