Bambini dell’Est alla disperata ricerca d’amore

Un romanzo icastico e amaro, nel quale l’appartenenza e l’identità vengono messe al centro delle nostre vite. Si può riassumere così Il mio nome era un altro, l’ultima opera di Anna Maria Carpi, poetessa e tra le più importante traduttrici di autori tedeschi (Nietzsche, Thomas Man, Gotfried Ben, Thomas Bernard, H.M. Enzensberger, Michael Krueger, Durs Gruenbein). Il libro si compone di due lunghi racconti con protagonisti due bambini, uno slovacco e una russa (le storie sono vere, ma non si tratta di romanzo-realtà), legati entrambi da un unico desiderio: essere accettati e amati.

Marek, il protagonista del primo racconto, è un ragazzino slovacco che una coppia di italiani senza figli adotta da un orfanotrofio della città di Bratislava.Prima dell’incontro con il futuro figlio, la coppia visita un villaggio abitato dagli zingari (il bambino che devono adottare ha infatti origini nomadi) e in queste pagine Anna Maria Carpi, con una prosa cruda, descrive la vita senza speranza di un popolo sconfitto dalla storia e dalla modernità come quello rom. Sono pagine intense, che ricordano le poesie di Paul Polanski, autore americano che ha raccontato in poesia le storie degli zingari slovacchi, perseguitati prima dai nazisti e oggi dai naziskin, sempre costretti a vivere ai margini delle città. Marek sembra accettare con gioia l’adozione della coppia italiana, perché finalmente ha qualcuno che lo fa sentire unico, importante, con un’identità. Ma Sandra e Mario non sono i suoi genitori veri e, nonostante tutto il loro amore, ben presto Marek vacilla. Nulla lo rassicura, per cui per la paura di perdere il loro amore li mette alla prova con cattiverie che mettono in grave crisi i due genitori adottivi. La sofferenza di Marek è inconsapevole, perché è piccolo e non ha gli strumenti per interpretarla: il suo è un senso di smarrimento, di vuoto di identità che neppure l’amore, purtroppo, può riuscire a colmare.La sofferenza di Anna Barkova (poetessa russa nata a Ivànova, la ‘Manchester rossà, più volte internata nei gulag sovietici, la cui opera avrà una notorietà postuma solo dopo il 2000) a differenza di quella di Marek, iè invece consapevole. Anna nasce in una famiglia povera da genitori ormai anziani che vivono nel ricordo degli altri figli tutti morti per malattia. Ma Anna è diversa sia dal padre che dalla madre: e lo è così tanto che inizia a pensare di non essere la figlia, ma che le sue radici siano quelle dei popoli antichi di cui ha letto in biblioteca. Anna legge tantissimo, è affascinata soprattutto dal romanzo Il principe e il povero di Mark Twain e proprio dai libri scopre l’esistenza del male, facendone una precoce esperienza.Poi Anna ha però la fortuna di entrare al Ginnasio: e quando la direttrice le chiede cosa vuole fare da grande dentro di lei sente una voce che le sussurra «vuoi fare la poetessa. Ma a questa non glielo dire, non lo deve sapere, nessuno deve saperlo». Così risponde di non saperlo ancora: la direttrice allora la guarda con tenerezza e lei si alza, la abbraccia ai fianchi guardandola negli occhi: «e tu, sembra dire, e tu mi vorrai bene?».

Anna Maria Carpi, Il mio nome era un altro - Due bambini dell’EstGiulio Perrone editore, Roma 2013pp. 125, 10 euro

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