ELEZIONI I cattivi esempi in politica non vengono più nascosti

La lettera di Osvaldo Folli

Dunque, stanno tornando di moda i soprannomi, ossia le scumàgne (Bruno Pezzini, il dialetto lodigiano). Una volta, tanto tempo fa, nella bassa lodigiana, Giuàn paiéta era un vecchietto che vendeva angurie e portava il cappello di paglia a falda larga che si toglieva in segno di rispetto ogni volta che incontrava una donna. Poi c’era Angiulìn detto matunèla per la sua scarsa abilità nel ballo movimentato, ma molti altri erano i personaggi degni della scumàgna. Il vezzo dei soprannomi è ora abbondantemente adottato anche nelle alte sfere della politica nazionale. Così, la presidente del consiglio Meloni si fa chiamare semplicemente “Giorgia”, una di casa con cui è possibile scambiare quattro parole mentre fa la spesa senza possibilità di confusione con le altre 30 mila Giorgia d’Italia. Poi c’è anche un nuovo personaggio che con tanta umiltà si fa chiamare “il generale” in modo che nessuno possa confonderlo con un certo Vannacci.

Insomma, siamo alle comiche, all’atto finale di un periodo pre-elettorale che rischia di lasciare un segno indelebile e di essere ricordato come il modo di (non)fare politica puntando solo sugli effetti speciali. Tutto va bene pur di non affrontare i problemi reali che interessano la gente normale. Ci si candida in Europa solo con l’obiettivo di distruggerla camuffandola con l’esigenza di un cambiamento. «I cattivi esempi – scrive Severgnini sul Corriere della Sera – offerti dalla nuova classe dirigente non vengono più nascosti; alcuni personaggi arrivano a vantarsene». Qualcuno se ne ricorderà nel seggio elettorale?

Osvaldo Folli

Lodi

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