La crisi arriva anche alla Dow

La crisi arriva anche alla Dow di Fombio: è stato siglato a inizio settimana l’accordo sindacale per l’apertura di una procedura di mobilità che porterà fuori dall’azienda entro la fine dell’anno sette lavoratori sugli oltre cinquanta oggi in attività nello stabilimento. Il sito produttivo di Fombio è attivo dagli anni Sessanta prima con la società Montecatini, poi Montedison. Nel 1985 il ramo resine della Montedison è passato alla Dow Chemical Company, uno dei maggiori gruppi chimici al mondo, e con esso il sito di Fombio. Oggi vi lavorano poco più di una cinquantina di dipendenti e l’azienda in Italia sembrava aver passato questi anni difficili indenne da crisi, anche se nell’autunno scorso il gruppo ha annunciato circa 5mila esuberi e la chiusura di decine e decine di stabilimenti in tutti i Paesi. Oggi anche a Fombio arriva una piccola ristrutturazione, con sette posti di lavoro che dovranno essere tagliati entro l’anno. L’accordo, firmato lunedì da sindacati e Rsu con l’azienda, prevede però l’uscita solo su base volontaria e incentivata. «Mi sembra comunque un accordo non negativo, con una situazione generale che non desta per il momento particolari preoccupazioni, tant’è vero che l’intesa riguarda le sole uscite volontarie - dice Giampiero Bernazzani della Femca Cisl -. Al momento abbiamo poche adesioni, ma vediamo nei prossimi mesi che cosa accadrà».

Il piano d’uscita incentivato è piuttosto articolato e ruota prima di tutto attorno alle persone “accompagnabili”. In questo caso l’azienda è disposta a versare come incentivo all’esodo una quota d’integrazione del salario di mobilità fino quasi alla copertura totale dello stipendio (tecnicamente l’80 per cento del reddito annuo lordo), per tutto il periodo di mobilità, tre anni per chi è vicino alla pensione. Questa integrazione sarebbe comunque versata in quota unica anticipata al momento di lasciare l’azienda, e la multinazionale sarebbe disposta a integrare ulteriormente con una cifra mensile, fino a un massimo di sette mesi, gli eventuali accompagnamenti per i quali non sarebbero sufficienti i tre anni di mobilità. Inoltre, per chi volesse lasciare l’azienda non avendo ancora maturato i requisiti per la pensione attraverso l’accompagnamento, l’azienda riconoscerà 12 mensilità a chi ha meno di 40 anni e quindi diritto a un anno di mobilità, 14 mensilità a chi ha tra i 40 e i 50 anni e quindi ha diritto a 2 anni di mobilità, 20 mensilità a chi ha più di 50 anni e diritto a tre anni di mobilità. «Gestiamo questi esuberi per crisi aziendale, ma l’accordo sulla base della volontarietà è accettabile per i lavoratori - dice Francesco Cisarri della Filctem Cgil -. La speranza di tutti è che si tratti di una crisi di natura temporanea e che non appena il mercato avrà una schiarita, si possano riaprire alcune delle posizioni che oggi si vogliono cessare, magari guardando alla possibilità di occupazione giovanile di cui il territorio ha tanto bisogno».

Andrea Bagatta

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