Codogno, il murales dell’infermiera “Wonder Woman” sfregiato dai vandali

Era diventato uno dei simboli dell'impegno contro il covid

Ci vogliono occhi per “vedere” il male. Per riconoscerlo, dargli il peso che ha né più né meno. Dipende dall’iride il grado di disvalore. Prendo in prestito gli occhi di G.C., la lettrice del Cittadino che lavora come ostetrica all’ospedale Maggiore di Lodi, la città in cui vive, e ieri ha inviato in redazione questa foto accompagnata da poche esaurienti righe. Ci entro per vedere quello che dice. Martedì sera passando in macchina davanti al murales dell’infermiera Wonder Woman in via Diaz a Codogno, totem dell’artista padovano Alessio-B in omaggio agli operatori sanitari e alla loro guerra (e la nostra) contro il covid, si accorge che è stato strappato, “rovinato” scrive l’ostetrica, “deturpato da esseri ignobili”. E allora si domanda, si chiede se sia opera dei cosiddetti negazionisti o soltanto una bravata, “ma fatto sta che per chi come me sta fronteggiando tutt’ora la situazione, con notevole sforzo e stanchezza, per chi ha perso una persona cara questo sia solo un colpo al cuore. Una mancanza di rispetto”. Non lo sapremo mai cara G., sappiamo però, lo apprendiamo da lei, che la forza dei simboli risiede proprio qui. Nel sublimare e trascendere gioie e dolori, e che la nostra eroina in camice azzurro, il suo sguardo “diritto”, sono la sfida più impertinente al virus. Perché colorata. Effimera. Fragile, sì fragile. E’ bastata una mano a sfregiarla. E quindi terribilmente umana. La vinceremo questa guerra perché siamo l’eccedenza che Sars-COV-2 non può nemmeno immaginare. Che ha anche chi ha infranto Wonder Woman mostrandocela nel suo essere di carta. Ma come? Tutta qui la sua forza? La striscia della serigrafia piegata ce ne svela il falso mito, non è neppure un murales a ben guardare. Eppure la stessa è una smorfia napoletana, la lingua dei Rolling Stones sulla copertina di Sticky Fingers. Cosa vedono, cos’hanno visto gli occhi del vandalo che ha distrutto e quadruplicato la potenza espressiva dell’infermiera cartoon è probabilmente molto meno di quanto hanno visto quelli dell’ostetrica del Maggiore. Un diversivo alla noia, una “tras-gres-sione”, questo possono aver visto. Oggi più che mai poca cosa. Perché come insegna Hannah Arendt il male sa essere banale.

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