Il lavoro e il percorso realizzato per gli “Stati Generali del Lodigiano”, rappresentano un’esperienza importante per promuovere una partecipazione consapevole e attiva, nella quale l’obiettivo di dare concretezza a passioni ideali e civili rappresenta un lavoro che ci interessa enormemente. Siamo di fronte ad una significativa e diffusa riflessione di merito a disposizione del territorio. Un contributo col quale, quindi, dialogare e confrontarsi per perseguire il bene comune. Credo che la precondizione stia nel riconoscere il forte impegno, la proposta e la riflessione complessiva che emerge nel “Libro bianco” per individuare e individuarsi in una prospettiva. Ciò è molto positivo, perché ne abbiamo bisogno; sia in chiave generale, visto che viviamo permanentemente “schiacciati” dalle emergenze e tutti avvertiamo la difficoltà di rendere chiara un’azione politica capace di guardare al futuro, sia in chiave locale, soprattutto in una fase di passaggio come questa che determinerà significativi impatti sulla nostra autonomia amministrativa e nella quale l’autorevolezza del Lodigiano dipenderà anche dalla qualità e dalla consapevolezza dell’elaborazione politica e civica con la quale il nostro territorio si impegnerà nella futura Provincia.
Negli Stati Generali, le idealità e i valori della tradizione del cattolicesimo democratico hanno si costituito le basi dell’impegno, ma di sicuro concordo con quelle valutazioni che hanno sottolineato come la bontà della proposta è tale perché il lavoro che l’ha sorretta è stato aperto e inclusivo, frutto di incontri di carattere globale e locale.
Credo, quindi, che sia giusto aprire il confronto partendo dalle radici, dalle motivazioni di fondo, per poi riflettere sulle modalità e le occasioni per allargare ancor di più il campo delle risorse presenti sul territorio.
In linea con tali considerazioni, trovo stimolante agganciare l’efficace riflessione proposta nei giorni scorsi da Giuseppe De Rita (La chiesa anticipò la modernità del mondo globale – Corriere della Sera 12 ottobre) a proposito del Concilio Vaticano II. In sostanza, riflette De Rita, il Concilio intuì i profondi cambiamenti che si stavano manifestando nel mondo e nelle persone, indotti dalla modernità, e cercò di guidarli e anticiparli: governo della globalizzazione, policentrismo, nuove soggettività. Tale riflessione, di fronte alle dimensioni radicali della crisi, mantiene la sua attualità e ritengo possa essere anche utile a comprendere, per chi si ritrova in altre organizzazioni sociali, le motivazioni del percorso degli “Stati Generali”.
E’ innegabile, infatti, come la nostra società sia sottoposta a continui e molteplici cambiamenti. E quando questi non ci piacciono, come spesso accade, le strade possono essere due: rinunciare o rimboccarsi le maniche.
La secondo strada, quella scelta, è più faticosa, ma indubbiamente la più stimolante perché richiama alla responsabilità di ognuno di noi nel contribuire alle soluzioni. Ed è una scelta, questa, che mi auguro possa accomunare tutte le organizzazioni “complesse” della nostra società: istituzioni, partiti, imprese, chiesa, associazioni, famiglie, ecc., perché in essa vi è la volontà di “reagire”, di non confondersi di fronte ai problemi smarrendo le potenzialità, di non ingarbugliare le idee con le polemiche, di avere punti di riferimento (o non arrendersi rispetto alla loro assenza) anche di fronte alle due tendenze che sempre più attraversano le società occidentali e non solo, cioè: l’egemonia dell’economia e la democrazia plebiscitaria.
Intendiamoci: c’è sicuramente e anche un’economia positiva fatta da imprese e da lavori che operano nell’interesse della società, ma abbiamo visto l’arroganza di “un’altra economia”, intesa come tecnica di accumulo di denaro, la cui forza sovrasta quella degli Stati e contribuisce persino a “svuotare” il ruolo degli attori sociali, politici e istituzionali. Il riflesso di tale azione è il peggioramento della qualità della democrazia che, senza un adeguata riflessione sulle ragioni e sui modi coi quali “stare insieme”, deperisce e si trasforma. Se pensiamo a questi anni, è evidente a tutti come a livello generale la democrazia si sia alterata in una “democrazia dell’audience”, caratterizzata da fenomeni di plebiscitarismo e di personalizzazione della politica che sono l’opposto del percorso realizzato a livello locale con gli “Stati Generali”. E per chi rappresenta un partito o ad esso “semplicemente” partecipa, ciò è un primo e importante punto di contatto, perché si rifà a quell’azione collettiva che dovrebbe essere alla base di ogni proposta politica, ma che negli ultimi anni spesso è mancata sino a portare a teorizzazioni su partiti “liquidi”, “leggeri”, non radicati nella società, di plastica, orientati non da idee e programmi per il futuro, ma dai “sondaggi” e dal leaderismo. E il risultato negativo di tutto ciò è sotto gli occhi di tutti.
Di fronte alla crisi dei partiti, però, proprio l’esperienza ci dice che c’è bisogno di più politica, non di meno politica, intesa come capacità e metodo di occuparsi del bene comune, intesa anche come capacità di non cedere alle generalizzazioni. E’ chiaro che la risposta a tale approccio non è il ritorno ai partiti ideologici che “abbiamo conosciuto” (o per chi è della mia generazione: studiato), ma sta nell’occuparci di idee e di futuro (e ciò, per i partiti, si traduce nel metterci la faccia laddove ci sono i problemi), sta nel permettere ai cittadini di scegliere i candidati, sta nell’elaborare le proposte confrontandosi con associazioni, sollecitare altre forze moderate e democratiche a scegliere, sta nel tentativo indispensabile di perseguire una democrazia rinnovata e solida.
Il messaggio che quindi colgo e sul quale sono certo che il PD c’è e ci sarà, è quello che oggi parte un nuovo percorso, che ha sicuramente bisogno di tradurre le idee del progetto e di mantenere l’impegno dei tanti amici il cui lavoro appassionato è già un risultato in sé, ma che ha come base il fatto che quando ci si riunisce per decidere; non per protestare né per delegare, ma per prendersi delle responsabilità, vuol dire che siamo sulla stessa strada.
Partiti e istituzioni, associazioni e movimenti, ruolo attivo della società civile, occorre, ora, un salto di qualità. Non può sfuggire a nessuno, infatti, la decisività delle decisioni che avremo di fronte nei prossimi mesi. Ognuno deve entrare in questa fase con una propria autonomia progettuale e con una propria responsabilità, nella consapevolezza che la democrazia partecipata è una “rete” di soggetti diversi che sanno comunicare, dove le divergenze si manifestano in modo civile, dove le differenze possono arricchire sintesi più difficili e ambiziose, dove l’obiettivo è possibile perseguire obiettivi comuni.
Le riflessione raccolte nel “Libro Bianco”, sia nella loro originalità sia nell’elaborazione già ampiamente diffusa e comune, sono quindi un’occasione preziosa per agganciare il livello locale a quello generale.
Su questo versante la carta di intenti per le primarie del centrosinistra, gli attuali provvedimenti legislativi su scuola e sanità (tanto per citare, come esempio, due temi sui quali occorre “stringere”), l’impegno diffuso che deve caratterizzare la riflessione sul lavoro, sono certo che possano rappresentare terreni sui quali interloquire positivamente e serenamente, non con l’obiettivo strumentale di acquisire consenso, ma per arricchire il lavoro di tutti, tant’è, che per quanto ci riguarda, non mancheremo di offrire occasioni di approfondimento già a partire dai prossimi giorni.
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