Saltando fra una pucia e l’altra

Dopo aver ficcato il naso (lod. puciad el nas) nei lavori di cucina delle nostre madri e mogli (mentre le figlie sono in coda al supermercato, reparto “piatti pronti”) pensavamo di togliere il disturbo. L’accusa di pucianas ci costringe invece ad un supplemento di indagine sulle parole fuori corso nel vocabolario gastronomico, partendo appunto dalla pucia. Una parola ritenuta di origine lombarda, ma diffusa dalla Liguria al Veneto e dall’Emilia al Trentino. I piemontesi invece - inventori della bagnacauda - le preferiscono bagna, termine largamente usato anche da noi. Pucia, in cucina, sta per ‘intingolo’, ‘sugo’; e il verbo pucià vuole perciò dire ‘intingere’, ‘immergere’ (ò puciad el pan nel lat). In strada la pucia è invece la ‘pozzanghera’ (ociu, va no dent nela pucia), da cui si evidenzia la derivazione da pozza: ciò rende intelligibile anche ad un turista peninsulare un classico menu lodigiano (pulenta cun la pucia, pucia de rane, pucia dulsa). Attenzione: in presenza di ospiti toscani si eviti di italianizzare la pucia lodigiana in poccia, che a casa loro sta per poppa (e non quella delle navi). La differenza fra un commensale del nord ed uno del centro-sud si vede però da come raccoglie il sugo nel piatto: il primo “el pucia el pan”, il secondo “fa scarpetta”.Da pucià abbiamo pucigà, giochicchiare con le mani o i piedi nell’acqua. Un altro passo fra le pucie e ci troviamo a paciügà, che in alcuni dialetti è pressoché equivalente a pucigà: il suo significato passa infatti da “agitare le mani nell’acqua” a “sguazzare”; ma è anche “imbrattare” e “mescolare sostanze diverse”. L’origine sarebbe nel sostantivo paciügh, di area settentrionale, che sta per “fango”, “pozzanghera”, ‘“ntruglio”, “pasticcio” e quindi, in senso traslato, anche “lavoro malfatto, disordinato”. Nella seconda metà del secolo scorso è entrato nel vocabolario italiano il termine paciugo, nel senso proprio di “miscuglio informe e appiccicoso” e in quello figurato di “pasticcio, disastro”. Paciugo è anche un tipo di gelato di crema e cioccolato con aggiunta di frutta fresca, di ricetta ligure ma prodotto anche industrialmente negli anni ’60-’70: chi era bambino in quel periodo (o aveva bambini, o era goloso - indipendentemente dall’età) ricorderà certamente la coppa Paciugo Tanara. Tornando alle pozzanghere, non possiamo tralasciare un’espressione curiosa: piciu paciu. È la poltiglia acquosa che si forma allo sciogliersi della neve e che rende difficile camminare per le strade. Anche piciu paciu, come paciugo, si può ritenere di origine onomatopeica, nata cioè dal suono della cosa che indica: in questo caso il rumore dei passi nella neve molle intrisa d’acqua. Dulcis in fundo, concludiamo con la pucia-intingolo da cui siamo partiti, ricordando un simpatico epiteto nostrano: ragò cun la pucia. Ragò non è altro che il ragù, piatto che richiede un lungo tempo di preparazione: di qui il senso traslato di “persona noiosa”, “brontolone”, “rompiscatole”.Quando il soggetto diventa insopportabile si ricorre al superlativo, aggiungendo al ragù la pucia.

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