E’ una notizia recentissima (grama come sono quasi tutte le notizie dei giorni nostri) ed è una notizia che non può non “gelare” i lodigiani, specie quelli di una certa età: la Polenghi, la vecchia, notissima, nostra Polenghi Lombardo, sta per licenziare o ha licenziato 38 dipendenti. La notizia ci dice addirittura due cose drammatiche: altri 38 lodigiani perdono il lavoro e la Polenghi, leader in Europa nel campo della lavorazione del latte, è ridotta a 51 dipendenti, cioè sta per scomparire completamente dai mercati di tutto il mondo dopo un lungo periodo, dove era stata il simbolo dell’eccellenza nella lavorazione di latte, formaggi, salumi e derivati. Sprofonda nel nulla un’impresa della quale i lodigiani erano così orgogliosi che erano arrivati a creare il detto: “La Polenghi e il Cassülàn, i mantègnun el stat ludesàn...”. Non è il fatto di un’impresa affermatissima che chiude o sta per chiudere (il che può avvenire sempre e dappertutto) ma è una città che, da anni (non solo da adesso!) si dibatte nelle morse di una crisi che la coinvolge in moltissimi settori di attività. Potrebbe essere fisiologico, nella natura delle cose che una impresa, pur importante, chiuda mentre altre, dal niente, giungano, anche soprattutto per le capacità dei titolari, a livelli di eccellenza assoluta, come da noi, la Zucchetti, che, nel campo dell’informatica, è diventata una leader: bravissimi! Tutto questo può avvenire sempre e dappertutto, ma a Lodi, le cose vanno proprio come ...
Ci abbiamo pensato a cos’ha perso Lodi negli anni appena passati?
Il Linificio-Canapificio se n’è andato; il Lanificio Varesi ha chiuso, le Officine Adda non ci sono più: erano tre aziende con centinaia di dipendenti. Poi, la Camolina scomparsa; le Officine Gay scomparse, la Sama scomparsa come le Bassani, come il Chemioterapico, come la Cetem.
Qualcuno più bravo di me può andare avanti e continuare a citare come, negli anni, le cose siano andate a finire nel mondo del lavoro Lodigiano, dove ci sono state perdite di una gravità rara: sono un numero elevatissimo i posti di lavoro perduti. Certo, ne sono nati di nuovi, anche prestigiosi, ma quel che ha perso Lodi nella sua storia recente, si fa gran fatica a compensarlo, anche perché possono avvenire nella storia di un paese grossissime trasformazioni nel mondo del lavoro, negli usi e costumi, nelle abitudini, nella vita associata a Lodi c’era il distretto militare e centina di soldati, artiglieri, bersaglieri.
C’erano diversi collegi: il Collegio Maria Bambina, il Collegio delle Dame inglesi, il Collegio Cavour, il Collegio Meazza, il Convitto Comunale, il Collegio Cazzulani, l’internato del Collegio San Francesco, i tantissimi giovani del Seminario: erano centinaia e centinaia di persone che vivificavano il commercio lodigiano: non ne resta che il ricordo. Altro settore: Lodi centro del mondo scolastico della zona. Quante centinaia di ragazzi venivano a Lodi a frequentare ragioneria al Bassi e la sezione geometri, le magistrali, il classico, e venivano da ogni angolo del territorio lodigiano! Adesso Codogno, Casale, Sant’Angelo e moltissimi altri paesi e paesini hanno le loro scuole superiori e medie e sono diventati centri importanti di cultura e noi... ci lecchiamo le nostre ferite... forse non è una colpa, ma certamente è dura da mandar giù.
Mi diceva un vecchio compagno di gioventù: “Non lamentarti troppo perché non tutto va al rovescio; a Lodi, quando eravamo ragazzi, c’erano sei o sette banche e adesso sono quasi cento e non bisogna lamentarsi...”.
Io non esagero a lamentarmi ma dopo quello che è successo per le banche (vedi la nostra vecchia Popolare) e con l’aria che tira con tutte le banche, non c’è troppo da vantarsi...
Certo, certissimo! I tempi cambiano, però... (i miei vecchi alpini dicevano: la marca miga trop ben...). Dai Lodi, coraggio!
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