È un’affermazione forse banale, che però è necessario ricordare di tanto in tanto: l’Unione europea non costituisce un’unità pienamente strutturata da cui ci si possa attendere una politica lineare come accade per le altre grandi potenze che hanno dietro di sé una storia ben definita. I critici trascurano spesso questo aspetto. Non è opportuno pretendere dall’Ue ciò che non può permettersi a motivo della propria specificità. La sua peculiarità sta nel fatto di trovarsi in un processo di creazione e unificazione che, seppur finalizzato alla sua unità e in alcuni ambiti già abbastanza avanzato, è ancora lontano dall’essere completato, nonostante siano trascorsi 65 anni dal suo inizio. A questa nuova forma di «res publica», manca ancora coesione e coerenza, desiderate da molti europei. Questo processo è complesso e si snoda su vari piani. Sul piano concreto, «materiale», ovvero politico e istituzionale, è stato innanzitutto necessario convincere i futuri Stati membri a sottoporre a una comune gestione la produzione del carbone e dell’acciaio; per cui sono state realizzate procedure e istituzioni per ordinare i processi decisionali. Questo è accaduto con il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (in vigore dal 1952). Presto è seguito il tentativo di elaborare una costituzione per un’unione politica che comprendesse anche il settore della difesa nel processo di integrazione, cioè l’unione degli eserciti dei primi sei Stati membri. Il fallimento di questo grande progetto (Comunità europea di difesa, 1954) non è stato comunque in grado di fermare il processo già avviato e che si è rivelato estremamente dinamico. Importanti settori dell’economia, in particolare l’agricoltura, entrarono già nel trattato che istituiva la Comunità economica europea (entrato in vigore nel 1958) come ambiti di integrazione. Questa integrazione «materiale» è proseguita nei decenni seguenti. Successivamente sempre più ambiti sono stati sottoposti a una gestione e a un ordinamento comune europeo, fino alla creazione di una moneta comune con il Trattato di Maastricht (in funzione dal 1993). Anche in ambito territoriale ha avuto luogo uno sviluppo dinamico: dai sei Stati membri originari compresi nella Comunità, attraverso diverse ondate di adesione si è passati a 28 Stati membri. I progressi nel campo dell’integrazione materiale e territoriale hanno sempre richiesto l’introduzione di nuove istituzioni, strumenti e procedure, concordati con una serie di trattati e di riforme, fino al trattato di Lisbona (firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009).Il processo d’integrazione europea tuttora in atto non si svolge solo nei tre ambiti citati, in cui i cambiamenti sono particolarmente palpabili essendo stati definiti negli accordi tra gli Stati membri. Anche sul piano culturale, sulla scia del movimento di unificazione, avviene un cambiamento. Non nel senso della creazione di una «cultura unitaria», ma nel senso dello sviluppo di una nuova cultura della mutua comprensione, della comunicazione e dello scambio. Le società nazionali in Europa si stanno muovendo l’una verso l’altra, senza per questo perdere la loro specificità e identità. Tutto questo avviene non senza battute d’arresto e deviazioni. Poiché gli ostacoli nel cammino dell’unificazione di un numero significativo di Stati nazionali storicamente costituitisi sono parecchi. La buona volontà e l’entusiasmo dei promotori e sostenitori del processo non sono mai stati e non sono ancora condivisi da tutti gli europei. Sotto l’impatto della crisi - che in ragione di un’unione monetaria con scarse risorse a disposizione, scuote l’Europa da diversi anni - stiamo vivendo profondi dibattiti sul significato e il senso, la necessità e l’opportunità di questo processo. Pregiudizi nazionali che sembravano da tempo superati, si risvegliano. Troppi politici cercano di nascondere la propria responsabilità dietro accuse e recriminazioni nei confronti di altri. La difesa dei presunti interessi nazionali torna a prevalere e a rimpiazzare la ricerca di interessi comuni europei.La fiducia che il processo di integrazione debba continuare comunque e che la crisi attuale, come le crisi precedenti da cui l’Unione europea è sempre uscita rafforzata, verrà superata, si può fondare non da ultimo proprio sul fatto che questo processo è così complesso e dinamico. A causa della sua dinamicità, esso non si lascerà fermare; a causa della sua complessità non si lascerà stravolgere.Anche i grandi contributi politici, morali e materiali che sono stati investiti dagli Stati membri in questo processo, suggeriscono che il «punto di non ritorno» è stato da tempo superato. Completare l’unificazione dell’Europa e quindi garantire la pace, la sicurezza e la prosperità dei cittadini europei in modo permanente, rimarrà obiettivo comune anche in futuro, a dispetto di tutte le irritazioni e le difficoltà.
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