Siamo a pochi giorni dall’avvio di un nuovo anno scolastico che già si possono trarre le prime conclusioni dalla lettura dei dati resi noti dal Ministero sulle assunzioni per meglio capire l’aria che si respira negli uffici di Viale Trastevere. Che sia calda o fredda lo capiremo meglio nei prossimi mesi. La macchina amministrativa, intanto, si è messa in moto e nessuno più può fermarla. Quest’anno, come sono solito scrivere all’inizio di un nuovo anno scolastico, non posso cominciare con il tradizionale «nihil sub sole novi» (nulla di nuovo sotto il sole). Quest’anno per la prima volta da un po’ di tempo a questa parte posso tranquillamente affermare che qualcosa di nuovo c’è all’orizzonte. C’è una legge che sia pur contestata, osteggiata con minacce di scioperi, referendum abrogativi, resistenze attive e quant’altro, sta di fatto producendo dei concreti risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Uno straordinario piano di assunzioni che darà certamente più stabilità alle scuole come da un po’ di tempo a questa parte non s’era mai visto.
Migliaia di docenti, infatti, verranno finalmente immessi in ruolo. Alcuni di questi docenti attendevano da un decennio questa opportunità resa possibile grazie alla legge 107/15 appena promulgata meglio conosciuta come legge della «Buona Scuola» la cui tempistica ha impresso un ritmo frenetico ai cambiamenti in atto sia negli uffici centrali del Ministero che negli uffici scolastici periferici. Un ritmo di lavoro che richiede una buona dote di autonomia non solo in tema di organizzazione, ma anche e soprattutto in tema di comunicazione da inviare agli interessati fatta attraverso la rete internet, compito questo demandato agli Uffici Scolastici Regionali e agli uffici degli Ambiti Territoriali, quelli che una volta erano i Provveditorati agli Studi.
Lo scopo è quello di portare in cattedra sin dai primi giorni di lezione migliaia di docenti così come previsto dalle tre fasi programmate dalla 107/15 per garantire un regolare avvio dell’anno scolastico. Ha motivo di essere soddisfatta il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini che, negli ultimi tempi, non ha mancato di rassicurare più volte famiglie e studenti nel garantire un regolare avvio dell’anno scolastico oramai alle porte.
Buone notizie arrivano anche dal fronte dei dirigenti scolastici. Con l’ultimo provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri la scorsa settimana è arrivata l’autorizzazione a immettere in ruolo tutti i presidi lasciati per qualche tempo in stand by a riparare un’involontaria espiazione per gli effetti nocivi dei tanti contenziosi e delle controverse sentenze giudiziarie che li avevano ridotti a riserve professionali in attesa di tempi migliori. Con i primi decreti attuativi legati all’attuazione della riforma, la questione sembra aver preso una strada tutta in discesa per i presidi neo immessi in ruolo. Una decisione che consente da una parte di assegnare a ciascuna scuola ancora acefala, sin dai primi giorni di lezione, il proprio dirigente e dall’altro di ridurre drasticamente il fenomeno delle reggenze che ha assunto proporzioni preoccupanti soprattutto in alcune regioni, tra cui la nostra, per l’alto numero di scuole senza presidi.
Manca ancora un passaggio previsto dalla terza fase della 107/15 relativo all’organico funzionale o potenziato, ovvero a quella percentuale di organico che ogni scuola si vedrà maggiormente assegnato, in quanto direttamente collegato sia alle dimensioni della scuola, sia alle necessità didattiche che verranno espresse direttamente dai collegi docenti. Questa fase prenderà avvio dopo l’approvazione dei POF (Piano Offerta Formativa) da parte dei collegi docenti che da quest’anno saranno triennali. Una fase importante che consentirà a ciascuna scuola non solo di dare forza alle scelte pedagogiche, didattiche e formative, ma anche di raggiungere determinati obiettivi mediante il potenziamento di particolari attività individuate dai docenti nel rispetto degli indirizzi che caratterizzano ciascuna scuola. Da qui si capisce che non si parla più di un elenco di iniziative stile carrello della spesa, né di offrire accattivanti «poffini» alla pari di brochure mini o maxi per attirare attenzione e interesse di studenti e famiglie.
Finalmente ora, a mio modo di vedere, il concetto di autonomia si impone nel suo autentico e originale significato impresso dal D.P.R. 275/99. Tutto bene dunque? Direi proprio di sì. C’è da aggiungere che in zona Cesarini, ovvero alla vigilia dell’avvio delle lezioni ha trovato soluzione anche l’annoso problema dell’esonero parziale o totale dall’insegnamento dei vicepresidi. Ad annunciarlo è la stessa Ministra al TG1 della notte. Con la legge di stabilità 2015, infatti, questa figura è stata giuridicamente affossata.
L’esonero o il semiesonero dalle lezioni, riconosciuto fino allo scorso anno ai collaboratori del preside, con la 107/15 non è più previsto con la conseguenza che i presidi in quanto «sceriffi», e io aggiungo con le pistole ad acqua, dovranno fare tutto da soli. La qualcosa avrebbe creato più di un problema alle tante scuole sovradimensionate. Per quanto super presidi dagli «immensi poteri», per quanto «ironman» un preside possa essere, rimangono delle forti criticità rese tali dalla complessa gestione del quotidiano e che difficilmente potrebbero essere affrontate e gestite da una sola persona.
Ma ora tutto è risolto, ai vicepresidi è stato concesso anche per quest’anno l’esonero. Poi si vedrà. Se dovessi esprimere un parere complessivo sulla riforma, non potrei che condividere il giudizio di quanti hanno visto in questa azione del governo la volontà di dare una spallata definitiva al precariato che per anni ha dominato e condizionato non solo lo scenario scolastico fino a condizionare la qualità dell’azione formativa, ma anche a caricare di ansie e incertezze l’animo dei tanti insegnanti, condizionando fortemente la serenità personale e famigliare.
Permane il timore di diversi precari, prossimi ad essere immessi in ruolo, di dover raggiungere la sede di servizio lontano da casa. Un rischio reso reale dalla carenza di disponibilità di posti nelle scuole del Sud, controbilanciati dalle disponibilità occupazionali del Nord. Dal Ministero giungono assicurazioni che si farà di tutto per contenere al massimo questo disagio ritenuto uno degli effetti collaterali della «Buona Scuola». Intanto i sindacati invitano i docenti alla «resistenza attiva», in pratica a rifiutarsi di collaborare con i presidi (bella roba!), mentre i tribunali sono pronti per i contenziosi in arrivo.
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