Cominciano entrambi con la lettera “i”: ideali, interessi. Non c’è mai stato un mondo idilliaco mosso solo da ideali puri e nobili; ma gli ultimi anni hanno fatto pendere la “i” decisamente dalla parte degli interessi anche in quell’Occidente che pure ha esaltato, nei secoli, ideali quali la libertà, l’eguaglianza, la fraternità, la giustizia. Dove ci sono interessi, si mobilita pure la nostra attenzione, e quindi la politica. Viceversa, tanti saluti e baci.Di interessi nella Repubblica Centrafricana ve ne sono pochi o punto, quindi pazienza se lì sta scoppiando una cruenta guerra civile. Ma se dal Mali si minacciano le miniere di uranio del Niger, ecco l’intervento militare francese. La Siria è veramente il classico esempio di un’anarchia immersa nel sangue del nostro generale disinteresse: questa volta s’è associata pure un’America che, persa l’attenzione verso il petrolio (ora ne ha a bizzeffe), si sta vieppiù disinteressando delle sorti del Medio Oriente, della Nigeria o del Venezuela. Magari guarda con apprensione alla crescente potenza cinese, che a noi europei interessa solo ed esclusivamente come mercato d’esportazione e come “fabbrica” a basso costo di manodopera. C’è una forte azione di repressione verso i cattolici locali? È un problema del Vaticano, noi si fa il viso dolce per non compromettere un flusso di import-export da miliardi di euro. E non c’è problema a stringere mani di dittatori (in Kazakhstan) se sono piene di petrolio, o di dittature (Vietnam) se sono lì dislocate nostre aziende. Un brindisi, non è educato rimbrottare chi ci è di fronte.Ci si rilassa cantando Mozart: così fan tutti. La Germania di Angela Merkel è docilissima nei confronti delle ambigue azioni geo-politiche della Russia di Putin: troppo metano importato da lì, troppo interessante il mercato russo per le auto tedesche. Noi abbiamo tollerato per anni ogni schifezza fatta da Gheddafi in Libia, purché l’ex dittatore ci fornisse il petrolio e comprasse azioni delle nostre aziende. Ora che (purtroppo) non c’è più, non si capisce con quali banditi trattare affinché “business as usual”. Come dicono quegli anglosassoni che del pragmatismo del business hanno fatto una religione. Vuoi compromettere gli splendidi affari che si possono fare col miliardo di indiani, anche se questi sequestrano da due anni illegalmente due marò italiani? Certo che no: si porti pazienza, qualche sotterfugio prima o poi si riuscirà ad escogitare. E poi, come ha detto l’ineffabile commissaria Ue, la britannica lady Ashton, “è un problema tra India e Italia” (che come si sa non è un Paese comunitario).Si diceva: meglio impegnarsi in ben altre cause. Ad esempio quella di essere – noi occidentali – ferocemente preoccupati per la possibile estinzione della balena; o per l’assodato cambiamento climatico che ci porterà fatalmente ad arrostirci o congelarci, una delle due sicuramente. E sui diritti dei gay? Hollywood freme d’indignazione. Ma rimane sempre valido il motto americano: qual è il nostro dittatore preferito? Chi bisogna oliare per il petrolio? Insomma le ragioni del Pil, ci mancherebbe. Questo e altro, figuriamoci. Chi siamo noi per chiedere alla ricca casa regnante saudita come mai finanzi qualsivoglia gruppo estremista con l’ubbia di farci saltare tutti in aria? Non è gentile, non si fa. Infatti non lo facciamo: non si interrompe così un’emozione, non è previsto dal contratto. Anche se questi contratti fanno sempre più venire in mente quello sottoscritto dal dottor Faust. E così diamo ragione a chi sostiene che noi occidentali abbiamo messo un cartellino del prezzo su tutto; anche sulla nostra anima.
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