Il Lodigiano e un disegno che guardi lontano

I 230mila abitanti della provincia di Lodi non pensino che questo è un problema di cui devono occuparsi solo i sindaci, perché da come verrà affrontato e risolto dipenderà non solo il futuro del nostro territorio, ma anche il modo con il quale verranno erogati i servizi alla gente. Se saranno mantenuti a questi livelli, se verranno ridotti.

Stiamo parlando della decisione cruciale che dovranno assumere i 61 consigli comunali del Lodigiano nei prossimi mesi, quando – e se – verranno cancellate le Province.

Quattro anni fa i grigi funzionari ministeriali, rimanendo chiusi nei loro palazzi romani, avevano disegnato a tavolino il futuro della Lombardia con la cancellazione e l’accorpamento delle Province più piccole. L’opzione, per quelle affacciate sul Po, era duplice. O un’unica Provincia, da Pavia a Mantova. Oppure Lodi con Pavia e Cremona con Mantova. In ambedue i casi, per quanto riguarda il Lodigiano, un vero disastro.

La posizione pressoché unanime dei sindaci lodigiani un anno fa è stata la seguente: piuttosto di finire con Pavia, con la quale il nostro territorio non ha mai avuto a che fare, è molto meglio tornare con Milano, anche se la Provincia di Milano non c’è più, cancellata da una legge dello Stato e sostituita dalla Città Metropolitana.

Ma è doveroso aggiungere che l’ingresso dei Comuni della Provincia di Lodi nella Città Metropolitana non sarà un matrimonio alla pari tra due territori, ma una semplice incorporazione da parte di Milano. Il Lodigiano intero ha un numero di residenti simile a un quartiere di Milano. Porterà in dote i suoi 230mila abitanti dentro una realtà che di abitanti ne ha già 3 milioni e 200mila. Bisogna essere chiari fin dall’inizio: conterà poco e niente all’interno della Città Metropolitana, non avrà alcuna voce in capitolo, perderà ogni sua autonomia.

Eppure, i legami da sempre esistenti tra Lodi e Milano (di economia, di viabilità e di riferimento istituzionale) hanno – comprensibilmente – fatto propendere il Lodigiano verso la grande città piuttosto che su Pavia.

A metà di questo percorso si sono inseriti i sindaci del Cremasco, i cui comuni sono appiccicati al Sudmilano, divisi da distanze infime che il nuovo tracciato della Paullese ha ulteriormente dimezzato. Il Cremasco non ne può più di far parte del Cremonese, e da quando Cremona sembra avere abdicato tutte le proprie prerogative a Mantova, che è diventata centro propulsore dei due territori, Crema ha rialzato la testa. E ha offerto al Lodigiano di creare, insieme, un’area vasta, autonoma e slegata da Cremona e dalla Città Metropolitana. La suddivisione della Lombardia in Cantoni (progetto accarezzato dal governatore Roberto Maroni) consentirebbe a Lodigiano e Cremasco insieme di trasformarsi in uno dei Cantoni di Lombardia.

La proposta di Crema ha spiazzato il Lodigiano.

Su di essa si è acceso un vivace dibattito, del quale il nostro giornale non è stato spettatore, ma protagonista. Il convegno organizzato presso l’auditorium della Banca Popolare di alcune settimane fa, al quale è intervenuto lo stesso presidente Maroni, ha avuto un riscontro inimmaginabile dal punto di vista del pubblico: settecento presenti, provenienti da tutto il territorio. Lo stesso è accaduto alcune sere fa a Crema, alla presentazione dello studio commissionato dal Cremasco circa la potenzialità che hanno i due territori messi insieme: tantissimi i gli intervenuti.

Sono state molto forti le parole di Mario Uccellini circa il futuro del Lodigiano, affidate alle pagine del Cittadino poche settimane fa: «Rimango strenuamente legato all’esigenza che ci venga assicurato in futuro il pieno protagonismo territoriale. Ho forti dubbi che questo si realizzi entrando tout court nell’Area Metropolitana: l’esiguità numerica di ciò che rappresentiamo rimarrà elemento discriminante in ogni scelta amministrativa e politica. In fondo, rimane per certi aspetti incomprensibile come una prolungata battaglia di senso autonomistico da Milano, condotta solo trenta-quaranta anni fa, oggi veda tristemente ammainare i vessilli del decentramento e del diretto protagonismo. In nome di quali prospettive e certezze?». Ancora: «Sono convinto che la costituzione di un’Area Vasta che accomuna Lodi e Crema non risolva molto in meglio la problematica esiguità dei numeri: di certo un più vasto territorio, con maggiori peculiarità economiche e sociali, saprebbe interloquire con la Metropoli milanese con accresciuta possibilità di ascolto». Infine, e queste sono sempre le parole di Uccellini: «È urgentissimo individuare uno spazio nel quale la comunità lodigiana ritrovi il proprio spirito migliore, recuperi i talenti di cui è ricca: facendo leva su questi interroghi se stessa e formuli una progettualità davvero coesa, rivendicando il diritto ad un proprio maturo protagonismo».

Appunto, un protagonismo che il Cremasco sta dimostrando di possedere, e che invece il Lodigiano sembra avere in parte smarrito. Senza protagonismo si subiscono inermi le scelte impazzite dei burocrati che stanno facendo di questo territorio uno spezzatino: l’Aler è stata accorpata a Pavia, per la sanità si va a Milano e per la Soprintendenza fino a Mantova. E noi? Tutti zitti.

L’assemblea dei sindaci della Provincia di Lodi, riunitasi lo scorso 22 giugno, ha approvato all’unanimità un documento che è molto fumoso e troppo interlocutorio: ribadisce la volontà di aggregazione alla Città Metropolitana tenendo aperta la porta con il Cremasco.

Il problema sta qui, e deve essere affrontato in una scaletta di priorità.

La prima di queste è che Lodigiano e Cremasco devono trovare un accordo che metta insieme i due i territori: la suddivisione dei collegi elettorali ne fa già un’area autonoma dal resto del Milanese e del Cremonese.

La seconda. Occorre valutare se e come Lodi e Crema possono reggersi in modo indipendente: hanno le potenzialità per autogovernarsi? Possono contare sui finanziamenti necessari all’erogazione dei servizi alla popolazione?

La terza. Qualora l’area vasta (o il Cantone) di Lodi e Crema non possedesse la forza di reggersi in piedi, allora la soluzione appare essere una sola: confluire – insieme! - nella Città Metropolitana, ma non andandoci con il cappello in mano. Contando su 400mila abitanti e 110 Comuni, si potrebbe avere la forza per strappare alla Città Metropolitana (e alla Regione Lombardia) deleghe e autonomie che oggi sarebbero improponibili per quel francobollo di terra che è il Lodigiano.

Non smembriamo il territorio. Teniamolo unito. E se dovremo accasarci ancora (ma credetemi: non sarà per l’eternità) nella Città Metropolitana, facciamolo con il Cremasco, i cui valori e la cui cultura sono molto simili a quelli della terra lodigiana. Insieme si è più forti, e il futuro non è ciò che ci fa tirare a sera, ma è quello che ci fa tracciare un disegno dai vasti orizzonti, che guardi lontano.

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