I proverbi e il nuovo che avanza

I proverbi sono un riflesso della vita e un tentativo di guidarne i percorsi e le scelte, con elementare e umile saggezza. Sono formulati con la speranza di ottenere ascolto, ed è forse per questo che oggi - se non mi inganno - sono avvolti dall’oblio. Ritrovarli ha sempre un gran fascino, soprattutto perché torna anche il ricordo di anni e di mondi lontani sempre amati, come avviene spesso delle cose che non ci sono più. Vivo un’esperienza di questo tipo, con sottile e struggente dolcezza, riascoltando, sul filo della memoria, i proverbi che sentivo spesso citati nel dialetto del paese della mia infanzia. È incredibile la distanza che essi segnano tra il mondo di allora e noi, e, forse proprio per questo, mi abbandono talora al divertissement di mettermi sull’onda dei pensieri che essi esprimono, tentando persino di aggiornarli tenendo l’occhio rivolto a quanto accade oggi tra noi.Ecco qualche esempio, desumendo da proverbi in cui si riflette il mondo dell’infanzia di quegli anni, quando erano tanti gli occhi dei bimbi che davano luce alla terra. In uno di essi si asseriva: «ogni fiöl/ el sso cavagnöl», esprimendo con tenerezza il sogno di un manto di aiuti e di affetti che avrebbe accompagnato la vita della piccola creatura, anche - e soprattutto - affidandola all’amore di Dio. Se pensiamo a tutto ciò che, nel settore, è mutato, l’occhio corre subito alle statistiche riguardanti l’infanzia, tanto che, per completare il proverbio, qualcuno potrebbe dire così: «ma a mi me par dumà / che adés i cavagnìn i g’han poc da fa».Era mediamente più breve, in quegli anni, l’arco dei giorni a noi concessi, e gli anziani, in minoranza, si sentivano ai margini, raggiunti nell’intimo dal timore di essere ritenuti un peso o qualcosa di simile. Di tutto ciò può essere spia il proverbio di sapore melanconico, anzi il lamento perché «quand s’é vegi o cürà i fiöi / o fa su i fasöi». Sorprendente è anche il parallelismo posto fra le due attività, perché la prima è obiettivamente ben più nobile della seconda. Forse si voleva dire che, da vecchi, tocca fare quel che capita, sostituendo chi, ancora nel pieno delle forze, non può essere distolto da fatiche riservate, di loro natura, agli adulti. Il quadretto di anziani impegnati come nel proverbio testé citato, può funzionare oggi, nell’immaginario collettivo, come un tuffo di tenerezza in un mondo di fiabe, con possibilità di essere commentato così: «ma al dì d’en cö / i fiöi ien ssü per ssü/ e i fasöi i se fan su pü». Si può aggiungere che, oggi, di scomparso non c’è solo il mondo del quadretto evocato, ma anche le certezze allora dominanti, o forse esse, in sostanza, persistono nei giudizi ancora vigenti riguardo alla terza e alla quarta età.Restiamo ancora nel binomio bimbi e anziani, descritto, stavolta, in un proverbio e nel possibile correttivo, con forte realismo, come usavano i nostri padri, ben consapevoli, pur non conoscendo il latino, che naturalia non sunt turpia. Essi dicevano infatti: «pìssa de angiulìn / la spùrca no el cadìn». Si intrecciavano, nella sentenza, tenerezza e senso della realtà e del concreto. Si trattava, infatti, di un inconsapevole inno all’innocenza, ben sapendo che essa è, in ogni caso, incontaminata solo nei primissimi anni di vita. Forse il proverbio funzionava anche con effetto consolatorio nell’anima delle massaie e delle madri, recando loro qualche sollievo tra le infinite cure nei confronti della casa e dei bimbi. Del proverbio conosco anche un correttivo senza intenti consolatori, ispirato a forte, se pur innegabile, realismo. Lo riferisco con qualche ritocco ma intatto nella sostanza del pensiero, che è netta opposizione al quadretto di cui sopra, affermando desolatamente: «ma quèla dei vegiòn / la fa ven el balurdòn».Scrivo queste cose da un treno, e ho davanti due giovani sommersi, nella persona, dai piercing e da immagini, per me indecifrabili, impresse sulla loro persona, un po’ ovunque. Il loro sguardo è inebetito, e mi prende l’angoscia. Davvero il mondo muta ma mi oppongo all’idea che i due che mi stanno davanti rappresentino in toto il nuovo che avanza, senza alcuna possibilità di qualcosa di meglio. Non avrei alcun proverbio per definire un mondo fatto così.

© RIPRODUZIONE RISERVATA