Fabbricati rurali, la tassa è ingiusta

Brutti tempi per l’agricoltura! Non occorre spulciare i dati dell’ultimo censimento che evidenziano il suo inarrestabile declino, abbinato al preoccupante assottigliamento dei terreni coltivati. Basta navigare su Internet e inorridire per i prezzi da fame pagati agli agricoltori per alcuni prodotti importanti come il latte e il pomodoro da industria. Del resto, se andiamo a scorrere le 157 pagine del Documento di economia e finanza e del programma nazionale di riforme, che vogliono rilanciare la crescita nel nostro Paese, ci accorgiamo con sorpresa che sull’agricoltura non viene spesa una parola, segno che su di essa non bisogna fare il minimo assegnamento per togliere l’Italia da una drammatica fase di recessione. Anche il progetto di mettere in vendita 340000 ettari di terreni agricoli di proprietà pubblica, al fine di formare nuove imprese guidate da giovani imprenditori, che era stato caldeggiato dal passato governo Berlusconi, è stato messo in sordina. Ma i guai non finiscono qui: adesso si prospetta l’ennesima beffa a danno degli agricoltori sul fronte della riforma fiscale. La legge n. 214 del 2011 di conversione del D.L. n. 201 del 2011, recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, prevede che all’IMU (Imposta Municipale Unica), che sostituisce ICI e IRPEF sulla rendita catastale, vengano assoggettati non solo i terreni agricoli, ma anche i fabbricati rurali (stalle, fienili, magazzini, ecc.). Per detti fabbricati l’aliquota sarà dello 0,2%, riducibile allo 0,1% per autonoma decisione dei Comuni.Questa legge, che considera i fabbricati rurali come patrimonio e non come strumento di lavoro per l’attività di impresa, viene a stravolgere il regime di fiscalità speciale storicamente riconosciuto al settore in virtù della tutela ambientale e della produzione di beni a vantaggio della collettività. Il mondo agricolo, ovviamente, è sul piede di guerra e lo stesso vale per le Organizzazioni professionali. Il timore è che l’appesantimento tributario penalizzi fortemente l’agricoltura. La conferenza delle Regioni, con un suo ordine del giorno in data 2 febbraio, considera iniqua tale imposta e chiede che i fabbricati rurali vengano esentati dall’IMU o che comunque i relativi oneri vengano significativamente ridotti. Il governo, però, si è dichiarato disponibile a esentare dall’imposta solo gli agricoltori operanti in montagna o in zone svantaggiate. Da parte mia mi limito ad alcune osservazioni essenziali. La normativa del Regno di Italia colpiva in origine tutti i fabbricati, e quindi anche quelli di qualifica rurale. Ma la legge del 6 giugno 1877 escluse dal pagamento questi ultimi, considerandoli parte del capitale investito in agricoltura e colpito dall’imposta sui terreni che, com’è noto, tassa il reddito dominicale spettante alla proprietà. Questo sostiene nel suo “Principii di estimo”, Bologna 1955, Giuseppe Medici, grande economista e autorevole ministro dell’agricoltura ai tempi della prima repubblica. In altre parole, l’imposta sui fabbricati rurali è già compresa nell’imposta sui terreni agricoli e, di conseguenza, chi ha pagato l’imposta su questi ultimi, nulla più deve allo Stato. E questo è tanto vero che il tipo o la dotazione di fabbricati influenza il valore dei terreni che costituiscono il fondo e ne condiziona il prezzo di mercato. Non bisogna chiedere, pertanto, al governo di esentare gli agricoltori dal pagamento dell’IMU, ma di considerare che i fabbricati rurali sono già tassati dall’imposta sui terreni agricoli e non possono perciò essere tassati una seconda volta.Ciò detto, esprimo profondo stupore per lo svarione in cui è caduto il governo Monti, che rischia così di perdere l’appellativo tecnico che sembra tanto premiante per la sua immagine manageriale. L’unica alternativa è che esso, per salvare la faccia, torni sui suoi passi. Tanto rumore per nulla? Meglio così.

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