È sufficiente davvero poco per migliorare

«Proxime ad verum accedit» - si avvicina molto al vero - colui che oggi mette in dubbio il regolare evolversi delle stagioni. Una primavera che quest’anno si presenta con pioggia, vento, freddo e in talune zone persino neve. E’ proprio vero. Il tempo astronomico non corrisponde più al tempo meteorologico, ma questo per molti studenti è un dettaglio al punto da non esserne condizionati. Ci sono tanti ragazzi e ragazze, infatti, che in barba ad ogni avversa condizione meteo, si presentano a scuola con magliette scollate, braccia al vento, abitini leggeri nettamente fuori stagione, quasi che nelle scuole la temperatura raggiunga i trenta gradi all’ombra. Siamo già alle prime avvisaglie di quello che sarà un serio problema da qui alle prossime settimane. Come ritengo discutibile quanto messo in atto da un mio collega americano che ha introdotto l’obbligo per i suoi studenti di indossare un microchip per meglio controllare ogni loro movimento all’interno dell’istituto (persino nei bagni - esagerato!), così credo sia discutibile il fatto di vedermi arrivare a scuola studenti con un abbigliamento extra moda senza che nessuno li controlli a casa. E qui siamo arrivati al punto della querelle. Perché continuare a ignorare gli inviti a indossare abiti in armonia con l’ambiente che si frequenta? Si continua apertamente a mettere in discussione un dato culturale che non dovrebbe più essere messo in predicato: la scuola non è la strada. Ma tant’è che l’impari lotta continua. Da una parte chi deve riprendere e ricordare i sani principi educativi e dall’altra chi viene ripreso e invitato a rivedere atteggiamenti e convincimenti. E questo vale per tutti anche per chi è chiamato ad educare, istruire e formare. Nessuno può ritenersi escluso. Anzi! I primi a dare l’esempio devono essere proprio loro: gli insegnanti. A loro innanzitutto è richiesta sobrietà, morigeratezza, semplicità, buon gusto oltre che a disponibilità nel correggere gli errori e le provocazioni, e se vogliamo aggiungere qualcosa di specifico, allora non guasterebbe affatto un pizzico di eleganza che contribuirebbe a costruire un’immagine seria, ma non seriosa, e soprattutto educativa del magister. L’abbigliamento di un docente è una sorta di comunicazione non verbale messa in pratica in un ambiente di lavoro e quindi assoggettata a delle regole non scritte. I ragazzi, invece, hanno bisogno non solo di norme e regolamenti scritti, ma anche e soprattutto di testimonianze, di riferimenti, di modi di dire e di fare che superino ogni atto limitativo tendente a dare una falsa identità professionale di chi è chiamato a proporsi come personalità attenta, lungimirante, priva di astrusità, di infantilismo reso tale dalla ricerca ad ogni costo di atteggiamenti alla pari, rischiando di perdere di vista il valore della correttezza professionale. No. Tutto questo non va bene. I ragazzi sanno benissimo da che parte stanno l’equilibrio e l’autorevolezza, come pure sanno bene con chi devono fare continuamente i conti. Ma un conto è raccogliere la sfida altro è porsi in atto di sfida. Un conto è invitare studenti e studentesse a fare dell’equilibrio un atto di consapevolezza comportamentale, altro è mostrarsi come proposta e modello sfasato, dai tratti arroganti se non addirittura volgare, in grado di ostacolare ogni tentativo di crescita. In altre parole il ragazzo va educato, un docente va stimato.E per stimare un docente occorre che quest’ultimo sia coerente con l’identità che di sé vuol dare.Forse questo non poteva essere richiesto a Socrate che si presentava ai suoi allievi con una tunica sempre piena di macchie, impataccata e rattoppata e come ci ricorda Brunetto Latini nel “Fiore di filosofi e di molti savi” «molto laido uomo a vedere, ch’elli era piccolo malamente, el volto piloso, le nari ampie e rincazzate, la testa calva e cavata, piloso il collo e li omeri, le gambe sottili e ravolte». Mamma mia! Meno male che si chiamava Socrate ed era il prediletto di Apollo per la sua “docta ignorantia”. Ma lui era un grande ai suoi tempi e tanto bastava per potersi presentare in giro sbevazzone, «laido, calvo e piloso» e pur non avendo mai scritto nulla è rimasto un grande filosofo fino ai giorni nostri e tale rimarrà per sempre perché così è stato consacrato dalla cultura.Del resto che fosse calvo lo posso persino immaginare visto che quanti si sentivano esasperati dalle sue continue provocazioni «lo colpivano con pugni e gli strappavano i capelli» (razza di bulli). Oggi per fortuna le questioni vengono affrontate diversamente. E se i docenti sono senza dubbio più presentabili di Socrate, non così per gli allievi ai quali qualche ramanzina va fatta.E’ chiaro che non dobbiamo mai stancarci di continuare a ricordare con fermezza a studenti e studentesse che nella vita non va bene esagerare; che un certo equilibrio va sempre ricercato nelle piccole e nelle grandi questioni; che ci sono dei limiti da cui non si può prescindere; che ognuno, in piena libertà, è tenuto comunque a sentire rispetto per luoghi, situazioni e persone, in cui si vive e si opera e con le quali ci si confronta. Anche la libertà ha i suoi limiti. Torna qui il concetto di severità. Essere severi è un concetto che si è dimenticato mentre va restituito alla sua piena funzione sociale, morale e relazionale. E’ ovvio che riconoscere questo principio da parte di genitori e docenti significa che bisogna mettere in disuso quelli che creano confusione e disorientamento. Qui non si tratta di scegliere se, per farsi ascoltare, conviene agire «con le buone o con le cattive», o se conviene essere permissivi o autoritari, o ancora se conviene scegliere i ricatti come metodo educativo o peggio ancora ricorrere ai ricatti come regola affettiva. In tutta sincerità la questione è un’altra. Di fronte a noi ci sono persone, adulti in divenire. Si deve, allora, riprendere il concetto dell’importanza della relazione tra ragazzi e adulti, tra docenti e discenti. Bisogna riappropriarsi di certi ruoli, recuperare certi significati, diventare autentici punti di riferimento senza cedere a convenzioni che spesso si rivelano inutili e dannose. E’ proprio vero. Basta poco per migliorare.

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