Nel gioco della briscola, “mettere il carico” su di un paio di mani, conduce quasi sempre alla vittoria.Nel linguaggio popolare la frase assume invece valenza contraria, decisamente negativa.L’aggiunta del “carico” ad una situazione o ad una vicenda già pesantemente compromesse, ne produce l’ aggravamento e l’avvia verso una pessima, spesso irreversibile conclusione.Noi italiani siamo campioni emeriti di questi singolari tornei di “briscola” , cui partecipiamo, trasformando, invariabilmente, un problema in un disastro.Da più parti, negli ultimi due decenni, era stato lanciato l’allarme del riscaldamento globale. Gli spettacolari incrementi nell’uso dei combustibili fossili, con petrolio in testa, stavano provocando l’accumulo dei gas serra in atmosfera e le proiezioni davano già la temperatura media sul pianeta in crescita di frazioni significative di grado. Era facilmente prevedibile che l’incremento termico avrebbe causato una più consistente evaporazione dalle grandi superfici oceaniche e che le più elevate quantità di vapore in atmosfera si sarebbero inevitabilmente tradotte in ravvicinati eventi meteorologici di portata estrema e a tutte le latitudini (vedi la recente impressionante sequenza di tornando che ha investito paesi di tutto il mondo).A nulla son serviti le elaborazioni statistiche, i modelli previsionali e i simposi internazionali che documentavano, tra l’altro, uno dei fenomeni più facilmente misurabili quali l’arretramento dei ghiacciai perenni (le famose nevi del Kilimangiaro, spariranno prima del 2050). Estrazioni e consumi son proseguiti di pari passo, facendo registrare un rallentamento, nemmeno tanto significativo, solo in conseguenza delle difficoltà dell’ultimo quinquennio.Su questa preoccupante prospettiva, ormai trasformatasi in realtà, l’Italia, per proprio conto, ha piazzato il classico “carico da undici”. Alle raccomandazioni del protocollo di Kyoto, di cui non si parla più, sulla riduzione delle emissioni di diossido di carbonio, ha fornito responsi insensatamente opposti.Per decenni, inoltre è andati avanti la dissennata politica centrata sul massacro del territorio: ampie aree costiere invase da costruzioni tanto pretenziose quanto abusive o autorizzate da istituzioni conniventi; cementificazioni stradali per i relativi accessi privi delle più elementari opere di convogliamento razionale delle acque piovane; disboscamenti scellerati e ripiantumazioni posticce e insufficienti; mancati interventi di opportuno drenaggio sui letti di corsi d’acqua colmi di detriti e di spazzatura; scarso o nullo sostegno alle attività agricole mirate al recupero di estese superfici abbandonate, delittuosamente mutate in discariche sotterranee di rifiuti tossici.Parallelamente e sfacciatamente per contro, allegre amministrazioni regionali hanno continuato a gonfiare gli addetti al corpo “forestale” fino a far loro raggiungere e superare i livelli canadesi(!), ma senza il minimo vantaggio in termini di tutela e sorveglianza ambientale (gli incendi estivi si sono sguaiatamente moltiplicati)!Risultati? Niente frasi o aggettivi: solo nomi di luoghi tragicamente conosciuti: Giampilieri, Genova, le Cinque Terre, la Gallura, cui mestamente accostare il tragico elenco delle vittime.Ma il campionato di “briscola” non si esaurisce qui.Da oltre un lustro, ormai, il mondo intero si dibatte in una perniciosa crisi, che, una volta avviatasi, ha manifestato gli effetti di una “deflagrazione” a catena. Nelle stanze del potere economico finanziario, una tristissima generazione di “specialisti”, ha varato, con sconsiderata miopia, un modello perverso basato, non sul lavoro, sulla produzione di beni, sul progresso, sulla ricerca, sulla cooperazione, sul corretto impiego di scoperte scientifiche, sulla rivalutazione dei beni culturali, ma semplicemente sulla carta straccia, ovvero su di un vorticoso giro di debiti insoluti, di capitali inesistenti, di patrimoni fasulli. Chi non ricorda l’epoca dei consulenti finanziari che ti arrivavano in casa, anche a tarda sera, e ti proponevano lucrosi investimenti su questo o quel pacchetto di titoli a fronte di risparmi, faticosamente accantonati, trasformati in strane sigle che, occhieggiando da ammalianti certificati, promettevano interessi in doppia cifra? Dopo un periodo di illusoria euforia, quel perverso disegno si è rivelato in tutta la sua patologica vacuità e l’enorme bolla speculativa è improvvisamente esplosa, colpendo in tutte le direzioni con dirompente virulenza.In Italia, ove il sullodato “carico” era già stato calato sotto forma di un colossale debito pubblico costruito sul peculato, sul malaffare e sul voto di scambio tradotti in norma, la tempesta si è trasformata in uragano ed al presente continuiamo ad inanellare una nutrita serie di primati con l’infamante segno meno.Ora è drammaticamente naturale chiedersi: come possiamo pretendere di vincere ancora qualche partita avendo in mano solo il due di “coppe” quando la briscola è a “spade”?
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