E i disperati bussano alle nostre porte

ci vorrebbe un miracolo, dicevo nell’ultimo mio intervento, nel quale già si prefigurava che un Governo “contro natura” e soggetto ad un ricatto dopo l’altro, avrebbe avuto i giorni contati.E così è avvenuto, perché un governo non può sostenersi a furia di giri di frittata e nemmeno può sostenere le bugie che nascondono il vero motivo secondo cui il maggior alleato del governo Letta non riesce ad accettare che il sistema legislativo aqbbia le sue regole e quando una persona è condannata dopo tre gradi di giudizio, deve arrendersi, costi quel che costi. Tutto il resto sono frottole. Frottole, giravolte. Chiediamoci quante altre persone parimenti condannate hanno dovuto soggiacere alle decisioni della giustizia; e questo basterebbe per convincere chiunque “willy-nilly” a mettersi da parte, senza evocare persecuzioni o eroismi. Ciò di cui abbiamo bisogno è di politici che si rendano conto che le famiglie non ce la fanno più e coloro ai quali è negato il lavoro e la dignità che lo accompagna, hanno esaurito la carica di sopportazione legale. Ma il mondo politico ci pensa che se i disoccupati, i cassintegrati, gli esodati, si mettessero ad armarsi di forconi, forse ritorneremmo alla rivoluzione francese? Comunque vadano le cose, il futuro si preannuncia disastroso, anche nel caso che si dovesse tornare alle urne il più presto possibile, ed ancora con il famigerato porcellum; sembra difficile, infatti, poterlo cambiare.Anche se il ritornello “non ce la facciamo più, non mi fido più di nessuno,non andrò a votare, voterò per chi oggi sembra l’unico che sia fuori dagli schemi ” serpeggia e si allarga a misura irragionevole, occorre fare punto e a capo. E ricominciare. Chiediamoci tutti cosa abbiamo fatto in questi vent’anni, oltre ad assecondare chi ha detto e ritrattato il giorno dopo, ha promesso e ha fatto retromarcia, ha finto di accontentare chi si accalorava per i valori non negoziabili,…. e potremmo continuare, accusandoci anche di leggerezza per aver lasciato in mano le redini del potere a persone false, e finalmente soggette alle ristrettezze della giustizia. Quante volte abbiamo invitato gli elettori a non lasciarsi attrarre dalle sirene, bensì a guardare in faccia a certe persone, e forse sarebbe bastato soltanto uno sguardo negli occhi per rendersi conto che dietro la maschera si nascondevano interessi illegittimi, vite doppie, falsità elevate a sistema. Comunque sia, prepariamoci anche ad affrontare, a breve, e magari con vecchie regole vituperate, il ritorno a sceglierci nuovi politici, un nuovo Parlamento anche se con metodi vecchi.Il cardinal Martini, e oggi anche il Papa Francesco, ci hanno ricordato che a tutti, laici e non solo, il dovere del discernimento è l’orsa polare per poter scegliere, anche se, da non sprovveduti, sappiamo che il massimo non è raggiungibile; ma almeno optiamo per il minor male, il meno peggio.L’impresa non è facile, perché occorre vincere il conato di vomito (scusate l’espressione) che ci prende quando si parla di politica e di politici, vecchi o nuovi, giovani o attempati.Tuttavia, anche in casi estremi, quanti si rifanno non solo alla dottrina sociale della Chiesa, ma anche ad una sana laicità avallata dalla passione per tutelare i più deboli, devono accontentarsi di discernere: cioè di cercare, nel marasma delle proposte e dei personaggi più o meno discutibili ed accettabili, quale sia il partito o il movimento che possa assicurare un minimo di stabilità che, oltre a metterci a posto con i conti nei confronti dell’Europa, sappia affrontare –coscienza alla mano- il problema fondamentale del lavoro, per tutti, giovani e meno giovani. E salvare famiglie. L’Italia a due velocità non regge più, perché la velocità minima è ormai ridotta ad una fermata tragica. Dopo di che tutto è possibile. Se abbiamo il coraggio di guardarci dentro, forse tutti ci accorgiamo che vent’anni di comodo silenzio hanno favorito qualcuno, ma hanno ridotto molti alla miseria. Oggi non è più nemmeno possibile distinguere tra povertà e miseria: è la miseria che domina le prime pagine dei giornali, anche quando si parla di violenze familiari, e sembra che i problemi economici non c’entrino.Si è troppo vissuto di alibi, anche nei nostri ambienti ecclesiali, e ciascuno si è cercato le scuse per giustificare la coscienza, dettate da un individualismo e d un egoismo nascosto e difeso da cattivi o lassisti maestri. Qualcuno, magari, ci ha troppo coccolato per paura di turbare i nostri sonni, oppure ci ha assicurato che “ci pensiamo noi ad assicurare l’ortodossia”. Pare che oggi sia soltanto Papa Francesco a “metterci al muro”, ricordandoci che cosa significhi vivere di Vangelo: ma noi in questi vent’anni dove eravamo? E se c’eravamo dormivamo? C’è già chi afferma che il Papa parla troppo!Torniamo al discernimento: facciamo lo sforzo, ancora, di cercare, di indagare, di guardare in faccia e negli occhi, di capire –se ci riusciamo- quale sia l’opzione che assicuri il maggiore interesse per gli ultimi; cerchiamo di distinguere tra chi si è scelto la poltrona per assicurarsi un mestiere, e chi l’ha accettata per servire il Paese. Non aspettiamoci il massimo: in questo momento di disperazione (ovattata) forse ci basta il minimo. Ma non perdiamo nemmeno l’ultima speranza, perché le novità sono dietro l’angolo, mentre i disperati bussano alle nostre porte.

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