Mai come oggi la Politica e i suoi protagonisti, a tutti i livelli, sono chiamati alle proprie responsabilità: le cronache di questi ultimi giorni stanno delineando uno spaccato dell’Italia che è rimasto pressochè latente per diverso tempo. Le notizie che apprendiamo dai giornali e dalle televisioni evidenziano una situazione preoccupante, fatta di scandali che imperversano nei palazzi del potere, nelle segreterie di certi partiti, negli ospedali e negli enti. Soggetti che dovrebbero innanzitutto avere come priorità l’interesse dei cittadini si sono occupati di ben altri (e poco nobili) obiettivi; sta venendo a galla quanto c’era (e c’è) di “sommerso”, in un sottobosco costituito da finanziamenti illeciti, faccendieri, corruzione, malaffare. Tanti, troppi gli uomini delle istituzioni che vengono coinvolti in vicende poco limpide in casi diversi tra loro, ma che hanno tuttavia un grave comune denominatore: la sconsiderata gestione del denaro pubblico. Di fronte a questo scenario, quali possono essere le risposte e le possibili soluzioni in grado di invertire la rotta?
E’ ora di dare una svolta. In tempo di crisi, con le famiglie che non arrivano a fine mese, i primi a dare il buon esempio devono essere i politici; ma a monte il problema è un altro, non solo della classe politica.
E’ un fatto culturale: dobbiamo ripartire da qui. Serve un nuovo tipo di approccio alla cosa pubblica: saper innovare significa anche mettere in pratica metodi capaci di fare la differenza rispetto al passato, anche recente.
Ci sono parole che pesano come macigni; infatti non è pura questione lessicale quando si parla di rispetto delle regole, oculatezza, responsabilità, sana gestione dei conti pubblici.
Qualcuno potrebbe dire che è il solito ritornello, è fare demagogia. No. Sono i comportamenti devianti che alimentano il populismo e fanno inneggiare al “sono tutti uguali. Mangiano e basta”.
Quando il telegiornale parla di numeri da capogiro tra rimborsi spese, cene, auto di lusso, case e viaggi... il papà in cassa integrazione guarda la figlioletta e pensa che non le può comprare la bici nuova. Ecco che monta la rabbia, la delusione, l’insoddisfazione collettiva.
Se poi il 30% non va a votare (e la percentuale è in costante aumento) bisogna chiedersi perchè, e agire di conseguenza per invertire un trend non più fisiologico e ormai ben oltre la soglia di attenzione.
Quello che sta accadendo in queste settimane da una parte tratteggia un quadro a tinte fosche, dall’altro scuote le coscienze.
È necessario adesso un ‘colpo di reni’ in termini di soluzioni e comportamenti; l’alternativa è cedere il passo all’antipolitica; sarebbe un errore clamoroso. Significherebbe lasciare spazio a danni ancor peggiori degli errori che sono stati commessi.
Se prendesse il sopravvento la logica del “non vado più a votare, perchè non cambia mai nulla”, allora sarebbe la sconfitta; serve rafforzare le fondamenta della Democrazia, non abbatterle.
Recentemente Giorgio Napolitano ha detto che “è necessario estirpare il marcio ma non bisogna demonizzare i partiti che non sono il regno del male”; le parole del Presidente della Repubblica devono far riflettere, senza dimenticare che va affrontata l’annosa questione del finanziamento pubblico ai partiti. La materia non è più derogabile, urge inserirla nell’agenda Politica: è questo il momento in cui i partiti devono dare un segnale chiaro, di responsabilità.
C’è un grande, immenso bisogno di ridare ai cittadini la voglia di credere nelle istituzioni, nella Politica; in una parola, serve credibilità.
Evitare gli sprechi. Anche di parole. La gente ne sente troppe, e vuole altro, ben altro: servizi e qualità della vita.
Devono esserci regole certe, chi sbaglia è fuori e si deve dimettere, punto; deve essere la norma.
I Partiti, i movimenti, sono composti da persone. Se non ci sono regole ognuno fa quel che vuole e può spiegare che gli altri sono ladri e ...lui no (finchè non viene beccato). Se invece partiamo dal presupposto che la Politica si deve occupare delle cose da fare e quindi deve espellere chi ha sbagliato, indipendentemente dal movimento o dal partito, risolviamo un problema.
La cosa più grave nello scandalo Lega non è il fatto in sè, che è aberrante e non necessita di altre parole. Ma l’assurdità deriva dal fatto che quel movimento, e i suoi capi, hanno avuto successo proprio perchè strillavano al mondo intero che gli altri erano ladri e loro no.
La Politica ha i suoi costi. Sta a chi amministra, a chi viene eletto, avere parsimonia e agire con correttezza. Finiamola con il “la legge dice questo, me lo consente”; è una questione morale, e di opportunità.
Pochi giorni fa a Cortona si è svolto un incontro organizzato dal Partito Democratico. C’erano politici, amministratori, docenti universitari; ho portato il mio contributo. Le umili parole di un giovane Sindaco 28enne di una città di 38 mila abitanti a cosa possono servire?
A ripartire dal basso, dalle cose concrete: in Parlamento ci sono persone che spesso neanche sanno cosa sia un Comune.
Possiamo trovare qualche similitudine tra quello che sta succedendo a livello nazionale con ciò che viviamo a livello locale? Anche a San Giuliano abbiamo speso molto più di quanto incassavamo. Se in Italia abbiamo mangiato e siamo usciti dal ristorante pensando di non pagare (ma ci hanno beccato), a San Giuliano siamo stati talmente furbi da indebitarci pagando per 4 anni il conto a tutta
la combriccola con la carta di credito revolving. E adesso chi paga? Domanda retorica, perchè la risposta è scontata.
Stiamo però cercando di cambiare il modo di fare politica e di intendere la cosa pubblica: il vecchio sistema di governo della città ha fallito, e noi abbiamo avuto il coraggio di ammetterlo e di voltare pagina. Ha fallito perchè la politica ha fatto errori nel permettere (dal 2005 al 2009) lo svuotamento del Consiglio Comunale e delle sue funzioni d’indirizzo lasciando al sindaco di allora competenze enormi, non sue, senza controllo.
Quel sistema ha fallito perchè ancora oggi tutti dicono “io lo sapevo, io lo dicevo!” ma nessuno ha mai mollato il cadreghino mettendo in crisi, per esempio, quell’Amministrazione. Troppo semplice dirlo soltanto: è un film già visto, e poi la scusa non regge minimamente.
(Per chi non sapesse la storia, qui gli unici che hanno sfidato i “poteri forti” siamo stati noi nel 2010, facendo emergere il crack Genia, rinnovando il nostro partito, defenestrando i responsabili, creando un progetto politico nuovo).
Quello che è successo a San Giuliano non è altro che un preludio di ciò che, auspico, capiterà nel resto del Paese. Mandare a casa tutti? No, non è l’unica soluzione.
Piuttosto, serve capire che a un certo punto è opportuno fare un passo indietro per non correre il rischio di essere defenestrati. I cittadini hanno creduto in questo nuovo percorso e per questo lo scorso giugno ci hanno dato fiducia.
Questo comune sta compiendo i primi passi nella direzione del cambiamento vero, anche se i problemi sul tappeto sono ancora tanti. Il punto non è propinare soluzioni a tutti come fanno i venditori di fumo; l’opportunità è affrontare le criticità con trasparenza e rispetto del ruolo.
Con tutte le cose che abbiamo da fare, i servizi da garantire, le strade da asfaltare, l’economia da sostenere, la politica non deve perdere tempo a scannarsi come fa da 20 anni; sarebbe irresponsabile e inutile.
Penso che serva un rigorosa pratica di serenità e umiltà. In un momento come questo mi sembra l’unico modo per cercare di svolgere al meglio il ruolo dei buoni Amministratori.
Le sfide che dovremo affrontare saranno difficili e complicate, richiederanno il coraggio delle città e degli Amministratori (tutti) ma è per questo che i cittadini votano e scelgono chi dovrà farsi carico delle scelte; si viene eletti per cercare di risolvere, e non per creare problemi.
Indugiare sarebbe un errore perchè si sente il bisogno di un concreto rinnovamento di sistema: è altrettanto vero però che di vergini in giro non se ne vedono. E l’amico Matteo Renzi che so essere in arrivo a Lodi può dare, insieme a giovani ed esperti (non certo da solo), uno scossone al vecchio modo di fare Politica. Ma attenzione: la stabilità è un valore, non è questo il momento di far traballare le istituzioni, compresi i partiti. Come recita il vecchio ma sempre valido adagio, “va pian barbé chè l’acqua la scòta”.
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