Che fare quando i libri sono osceni?

«Cantami o diva del pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei» oppure «Musa, quell’uom di multiforme ingegno dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra gittate d’iliòn le sacre torri» sono i primi bellissimi versi dell’Iliade e dell’Odissea di Omero, che lasciano ai posteri un patrimonio culturale che ancora oggi prende, cattura e affascina. E che dire degli immortali versi iniziali della “Divina Commedia” di Dante: «Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura perché la diritta via era smarrita». Sono solo alcune delle tante pagine di storia e poesia, versi immortali che hanno lasciato il segno nell’animo di chi ha avuto o ha ancora oggi la fortuna di incontrarli lungo la strada della propria storia scolastica. E qui nasce il problema. Quanti di noi hanno hanno smarrito o smarriscono la diritta via? E poi. Possiamo dire che le due professoresse del Liceo Classico “Giulio Cesare” di Roma, denunciate presso la Procura capitolina, hanno smarrito il senso della diritta via dal punto di vista professionale per aver dato in lettura ai propri studenti un libro ritenuto da alcuni genitori osceno e quindi non adatto ai dei quindicenni? Esiste una cultura proibita da non proporre ai ragazzi minorenni mentre la stessa è consentita ai maggiorenni? Sono domande impegnative che richiedono un’attenzione del tutto particolare e una riflessione approfondita. Consapevole della delicatezza del tema che vado ad affrontare, cerco di esprimere un mio parere personale non già sul contenuto di un particolare libro, ma sulla reazione che ne è seguita. Andiamo per gradi. Tutto parte dall’ultimo libro di Melania Mazzucco “Sei come sei”, assegnato in lettura ai ragazzi di una classe prima del Liceo Classico “Giulio Cesare” di Roma, ma evidentemente ritenuto da alcuni genitori “non adatto” all’età per il contenuto trattato: l’amore tra due ragazzi di cui uno gay con qualche pagina dal racconto spinto oltre ogni immaginazione. Non ho letto il libro, quindi mi guardo bene dall’esprimere un giudizio di merito, tuttavia l’argomento affrontato è di quelli la cui opinione, qualunque essa sia, si presta a strumentalizzazioni o scontri ideologici che in fin dei conti è ciò che è avvenuto. Già questa possibilità avrebbe dovuto mettere le insegnanti su un piano di maggior prudenza senza abbandonarsi a decisioni autonome, privandosi di un confronto con i genitori che il tema, invece, richiede. Ma tant’è! La libertà d’insegnamento viene prima di ogni situazione. Una libertà da tutelare e garantire, quindi la decisione presa dalle professoresse del “Giulio Cesare” va rispettata. In campo sono scesi al loro fianco la mia collega del “Giulio Cesare”, gli studenti dell’istituto, i genitori espressione di una diversa opinione e lo stesso ministero dopo un’opportuna verifica ispettiva sulle sostanziali motivazioni della scelta fatta dalle docenti per quel particolare libro. Personalmente sono dell’avviso che oggi non si dovrebbe parlare più di libri da mettere all’indice, né di autori da proporre per un punitivo ostracismo. La letteratura è piena di libri come quello della Mazzucco. Per certi versi qualcosa di moralmente “fastidioso” troviamo nel primo libro delle “Satire” di Orazio. E allora che facciamo? Mettiamo all’indice le “Satire”? Censuriamo Orazio perché sporcaccione? Censuriamo Schopenhauer per certe pagine un po’ osé? E che facciamo di un poco conosciuto masochismo di Rousseau? E del sadismo palese di Nietzsche? E che diciamo di certe teorie sulle donne di Georg Groddeck? E cosa pensare delle sconcezze o del monologo osceno di James Joyce nel romanzo “Ulisse”? E dell’erotismo spinto nella “Vita pensata” del filosofo americano Robert Nozich? Cosa facciamo di queste opere? Ne facciamo un bel falò? Concetti, idee e contenuti devono circolare anche quando ci danno fastidio o quando non sono in linea con il comune senso del pudore. Meglio sarebbe parlare di contenuti che si possono o non si possono condividere; di scrittori che lasciano il segno nel vasto panorama culturale e di quelli che vivono l’attimo fuggente in preda al temporaneo e tumultuoso successo mediatico. Un discorso a parte meritano certe idee e certi scrittori esperti nell’offrire messaggi ambigui, ma anche contenuti al limite dell’osceno capaci di salire in cattedra grazie alla notorietà che cresce in maniera direttamente proporzionale allo spazio pubblicitario che viene inconsapevolmente offerto e strategicamente sfruttato. La casistica è alquanto varia. Intendiamoci. In tutto questo non c’è nulla di pericoloso. La cultura non è mai pericolosa. Il vero pericolo, semmai, viene dall’ignoranza, da quella mezza cultura di massa vittima di un confuso minestrone che di culturale ha ben poco. Questo sì che è un pericolo sociale dal momento che, come le sirene di Ulisse, può attirare nel tranello del superficialismo anche i più bravi, i più attenti, i più riflessivi. E questo proprio in un periodo in cui la crisi generale del sistema colpisce anche la trasmissione del sapere. Alle nuove generazioni bisogna insegnare a vivere la cultura come metodo di approccio al sapere e non come sentimento di adesione al sapere trasmesso, talvolta, ad arte. Se insegniamo ai ragazzi lo spirito critico come metodo di approfondimento, allora non ci saranno più né guru di turno né contenuti particolari da assorbire con un automatismo di pensiero. Siamo di fronte a una serie di messaggi ambigui dalle chiare allusioni. Eppure il libro apre la mente mentre lo spirito critico aiuta a capire i contenuti, aiuta a discernere e a condividere o a non condividere un pensiero. Quindi non si può condannare la scelta fatta dalle due docenti di assegnare ai ragazzi un libro dai contenuti particolari e delicati, preoccupiamoci piuttosto di sapere se quei ragazzi avessero già acquisito un metodo di lettura, se avessero già maturato uno spirito critico tanto da non essere automaticamente fagocitati o da non essere frastornati e confusi. Non va dimenticato che la vera cultura non rassicura, ma inquieta, non banalizza, ma pone interrogativi. Questo è il cammino a cui vanno preparati i ragazzi. Come diceva Oscar Wilde «i libri non si dividono in morali e immorali, ma in libri scritti bene e in libri scritti male».

© RIPRODUZIONE RISERVATA