Arpa ammette: le emissioni sono fuorilegge

Grazie ai rappresentanti in consiglio regionale del Movimento 5 Stelle, che avevano inoltrato una richiesta di informazioni in merito, Arpa ha reso noti alcuni risultati sui controlli sulle emissioni delle innumerevoli centrali a biogas proliferate sul territorio regionale sulla spinta della speculazione sugli incentivi alle energie «rinnovabili». Queste centrali, singolarmente prese, presentano secondo le sciagurate normative che ne regolano l’autorizzazione, «emissioni trascurabili». Sempre sulla base del criterio «sono piccole» sono state autorizzate senza alcuna procedura di valutazione di impatto ambientale (Via), un fatto che contrasta con i principi della procedura europea di Via che impone di tenere conto degli impatti cumulativi, della densità demografica, della situazione ambientale.ARPA, però, finge di ignorare che nel cremonese, ma anche in altre aree della «bassa» vi siano «grappoli» di centrali che localmente rappresentano una fonte di emissioni primaria mentre, anche a livello provinciale - almeno a Cremona - si collocano tra le prime fonti di inquinamento dell’aria. Va ricordato che le centrali a biogas per unità di energia elettrica prodotta inquinano 10 volte tanto rispetto a una grande centrale turbogas. Le «piccole» centrali «agricole» lombarde contribuiscono all’inquinamento dell’aria come 4 centrali a turbogas. Attenendosi alla legge (che prevede solo «autocontrolli» da parte dei biogassisti) ARPA non ha proceduto ad eseguire dei controlli si propria iniziativa ma, sollecitata da diversi enti ha eseguito alcuni controlli su un piccolo numero di centrali. I dati resi noti si riferiscono a centrali del cremonese mentre non ancora resi noti sono quelli di altre provincie.Quello che è emerso è che, per un fondamentale paramento di inquinamento (gli ossidi di azoto, NOx), le centrali non riescono a rispettare il già elevato limite di 500 milligrammi per normalmetrocubo di fumi emessi. La stessa ARPA osserva che tale limite, in relazione alle pessime condizioni dell’aria della Lombardia avrebbe potuto essere ridotto dalla regione. Ma questa si è ben guardata di redigere un piano e non ha ancora redatto le linee guida per l’identificazione delle aree non idonee alla installazione delle centrali a biogas. L’assenza di questi strumenti ha rappresentato uno smaccato regalo alla lobby biogassista che ha potuto realizzare centinaia di centrali nell’ultimo triennio grazie ad una vera e propria deregulation. Una lobby che ha molti sostegni nella burocrazia e nella politica vede direttamente coinvolti i politici (basti pensare che l’assessore regionale al commercio è il progettista di una contestatissima centrale a Lonato per conto dei fratelli che hanno citato per danni il locale comitato per la modica cifra di 15 milioni di euro).ARPA non dice poi che anche un altro parametro(COT = composti organici totali) è fuorilegge. Il trucco consiste nell’escludere il metano non combusto dai COT. Così le centrali restano nel limite dei 150 milligrammi per normalmetrocubo di fumi. Ma altre ARPA e il TAR del Piemonte la pensano diversamente. Quest’ultimo ha respinto il ricorso di un biogassista al quale la provincia di Vercelli aveva imposto la chiusura di una centrale a biogas perché i COT (metano incluso) eccedevano il limite di legge di 150 mg/Nmc.ARPA attribuisce il non rispetto dei limiti di emissione di NOx a insufficiente manutenzione dei sistemi di abbattimento. E pensare che sono centrali quasi tutte nuove di pacca!Tutto ciò mette in evidenza le gravi responsabilità politiche di Regione Lombardia che, mostrando grande attenzione agli interessi speculativi e sommo disinteresse per la salute e l’ambiente, ha consapevolmente favorito la proliferazioni di centrali fortemente impattanti. Oltre a disturbare coloro che hanno la sfortuna di vivere vicino con emissioni maleodoranti, rumori, vibrazioni, traffico pesante esse inquinano non solo l’aria ma, spesso e volentieri come documentato anche da procedimenti penali, anche le acque. Non si contano più i casi di sversamenti di liquami e digestato liquido (con tanto di morie di pesci che hanno interessato anche il Garda) e gli ancora più frequanti casi di scorie (digestati) smaltite con modalità tali da provocare, per ruscellamento e lisciviazione di inquinanti, ovvi danni alle acque superficiali e alle falde sotterranee utilizzate per l’attingimento dell’acqua potabile.

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