ABORTO «Sull’emendamento di Fratelli d’Italia è stato fatto tanto clamore per nulla»

La lettera di Giacinto Bosoni, direttore del Consultorio Centro per la famiglia di Lodi

Dopo aver letto sul Cittadino di martedì 30 aprile due lettere di autorevoli firmatari che manifestavano la loro perplessità sulla presenza dei Centri aiuto alla vita nei Consultori, mi permetto, con molto rispetto, di fare un po’ di chiarezza.

Prima di tutto l’emendamento proposto da Fratelli d’Italia, che suggerisce alle Regioni la possibilità di «avvalersi di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità», non aggiunge nulla di nuovo a ciò che già oggi accade. Tanto clamore per nulla, a mio parere. È un testo (l’emendamento proposto) che richiama e sottolinea quanto già stabilito dalla legge 194. Ho verificato che i Centri di aiuto alla vita (Cav) del resto sono già presenti in numerosi ospedali italiani: quattro in Piemonte, uno in Sardegna, uno in Friuli-Venezia Giulia, tre in Sicilia, uno in Liguria, dove esistono anche tre convenzioni con le Asl. A Castrovillari, in Calabria, la convenzione con l’ospedale è ventennale. In Lombardia, oltre alla Mangiagalli, c’è un Cav all’ospedale di Vimercate e al Buzzi di Milano.

Secondo il dettato della legge 194, sono i consultori pubblici a dover contribuire «a rimuovere le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione di gravidanza». Ma non sempre – quasi mai – ne hanno le risorse o la possibilità. E per fortuna ci sono i Centri di aiuto alla vita. Per la verità i detrattori (in malafede) accusano i Cav di «intercettare le donne e offrire loro un po’ di soldi perché tengano il figlio» (sic). Ma non è così, I Cav attivano, e io dico “per fortuna”, il Progetto Gemma (un sostegno economico mensile per 18 mesi); più spesso si impegnano a pagare le bollette, a fornire pannolini e buoni spesa, vestitini e latte in polvere, tiralatte e carrozzine. Quello che dovrebbe fare lo Stato, insomma, lo fa il Cav; infermieri, medici, operatori sociali lo sanno, e per questo indirizzano lì le donne e le ragazze che esprimono dubbi o incertezze sull’aborto.

Ci si dovrebbe interrogare: dov’è l’autodeterminazione della donna, quando lo Stato non aiuta a prendere una decisione davvero libera.

Per cui l’auspicata presenza dei Centri aiuto per la vita all’interno dei Consultori permetterà alle donne di prendere una decisione davvero libera e non il contrario. Vorrei infine ricordare ad Aurelio Ferrari, autore di una delle due lettere, che l’obiezione di coscienza è riconosciuta dalla stessa legge 194, al fine di rispettare la coscienza individuale. Credo non sia corretto, stimatissimo Aurelio, parlare di “abnorme fenomeno di obiezione di coscienza”, quasi a mettere in dubbio la scelta libera dei ginecologi obiettori.

Giacinto Bosoni, direttore del Consultorio Centro per la famiglia di Lodi

Lodi

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