LIBRI Storia del “fabricòn”: «Da stabilimento tessile a opificio della cultura»

La presentazione dell’opera di Aldo Papagni dedicata al linificio

Il primo capitolo, durato tra il 1909 e il 1967, è già stato scritto; ora manca la seconda parte, una pagina bianca tutta da costruire. Il “fabricòn”, il maestoso Linificio e Canapificio Nazionale sorto in città agli albori del secolo scorso, è oggi sotto i riflettori per il progetto di riconversione in “opificio della cultura”. Ad Aldo Papagni, ex vicedirettore del “Cittadino”, va il merito di averne ricostruito la storia attraverso una brillante ricerca a 360 gradi, confluita nelle pagine di “El fabricòn. Da stabilimento tessile a opificio della cultura”, volume pubblicato da Pmp in collaborazione con Unitre e amministrazione comunale, arricchito da splendide fotografie d’epoca dell’archivio di Silvano Bescapé. Il volume è stato presentato giovedì nella sala dei Comuni della Provincia: in cattedra anche il sindaco di Lodi, Andrea Furegato, cui spetterà il compito di “orchestrare” la seconda parte della storia del complesso architettonico. «Quando recuperiamo un immobile, dobbiamo conservarne la memoria e la storia delle persone che lo hanno animato – il commento del primo cittadino -. Il libro di Aldo Papagni cade nel momento giusto, proprio quando l’attenzione generale è puntata sul progetto di opificio della cultura. L’idea è promuovere la cultura del territorio, intesa come elemento di aggregazione, riflessione, incontro. Per Lodi si tratta di un progetto sfidante».

Ma come e perché è nato il Linificio? Chi ci lavorava? Perché è stato chiuso? A queste e tante altre domande risponde la ricerca di Papagni, uno studio rigoroso ma che lascia spazio anche a diversi curiosi aneddoti. «Quella del fabricòn è stata un’esperienza di lavoro, vita e umanità», introduce Stefano Taravella, direttore dei corsi Unitre e moderatore dell’incontro, impreziosito dalle letture di Marilena Giacon De Biasi. «Al “fabricòn” lavoravano soprattutto donne, impiegate alle varie macchine; gli uomini erano pochi e si occupavano perlopiù della manutenzione – racconta Papagni -. Il complesso si dimostrò piuttosto all’avanguardia per i tempi: venne installato un impianto di ventilazione e in più, per le donne, fu allestita una sala per l’allattamento. È curiosa, inoltre, la storia della scuola domenicale, aperta dal Comune: il Linificio, anche per ottenere una “fidelizzazione” delle operaie, decise di regalare un sussidiario a tutte le studentesse». Il libro racconta anche la storia dell’imprenditoria del periodo (la famiglia Ponti, la famiglia Borletti) e della funzione del Lanificio durante la guerra: «Venne utilizzato come centro di prima accoglienza per i feriti che arrivavano dal fronte». Il declino iniziò alla fine del secondo conflitto mondiale: il 1° giugno 1967 il “fabricòn” chiuse definitivamente i battenti, lasciando dietro sé una lunga storia che oggi possiamo ripercorrere in tutte le sue tappe grazie alla preziosa opera di Papagni. In attesa del secondo capitolo, ancora tutto da scrivere.

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